di Giuseppe Piccioni; con Federico Cesari, Benedetta Porcaroli, Liliana Bottone, Luca Maria Vannuccini, Margherita Buy, Susanna Ceccarelli, Riccardo Scamarcio, Fausto Paradivino, 2025, Italia, durata 110 minuti.
Aprile 1912, un treno solca la campagna da Bologna verso Castelvecchio di Barga. A bordo vi sono le spoglie di Giovanni Pascoli e molti di coloro che in vita lo amarono, la sorella Mariù, amici, studenti, giornalisti, autorità. E il viaggio, lentamente si fa racconto, uno dopo l’altro emergono i ricordi del Pascoli poeta, del Pascoli studente e professore, del Pascoli uomo e fratello.
Presentato alla 82a edizione del Festival di Venezia nella sezione “Giornate degli autori”, “Zvanì” è il toccante e garbato ritratto di uno dei più grandi poeti italiani, un artista sublime che forse non avevamo mai conosciuto davvero. Amato, letto e studiato sui banchi di scuola da intere generazioni di studenti, ma anche in qualche modo “imbalsamato” in ruolo non suo, il poeta del “fanciullino”, il Pascoli “ufficiale” per molto tempo ha coperto e nascosto l’uomo Pascoli, che con i suoi dolori, le sue passioni e le debolezze, con i suoi amori, ha fatto il Pascoli poeta.
Ed è da lì, scavando nelle pieghe nascoste della sua vita, nel dolore mai sopito per la morte del padre, nella giovanile e indimenticata passione politica e vicinanza agli ultimi, nell’amore per le sorelle, che è soprattutto accudimento e senso di una responsabilità quasi paterna (quel padre che Ida e Mariù non hanno mai avuto e che a Giovanni ogni giorno manca sempre di più), è partendo da lì che Sandro Petraglia ha scritto la sceneggiatura, da lì che Giovanni Piccioni ha costruito il suo affresco, con una regia “classica”, senza voli pindarici o movimenti di macchina inusuali, ma proprio per questo coraggiosa, coraggiosa nella scelta dei tempi, nel perfetto alternarsi tra lo ieri e l’oggi della vita del poeta, una regia più che mai felice nella scelta degli interpreti, su tutti Federico Cesari/Giovanni Pascoli e Benedetta Porcaroli/Mariù, ma è il film nel suo insieme ad essere sottilmente malinconico senza essere mai tragico, indagatore senza mai essere pettegolo, dolce senza mai essere melenso o, peggio ancora, agiografico. Un grande ritorno dietro la macchina da presa per Giuseppe Piccioni, un grande, riuscito omaggio per Giovanni Pascoli. Da non perdere.


























