Un santalbanese sul tetto del mondo

Cristian Fassi campione paralimpico di motociclismo

Fassi Titolo Mondiale 2

Un santalbanese sul tetto del mondo. Sì, avete letto bene. Il 2020 che il mondo dello sport ha salutato (con pochi rimpianti) da qualche giorno, ha lasciato in eredità alla nostra provincia anche un trionfo mondiale: quello di Cristian Fassi, partito da Sant’Albano Stura per giungere al titolo iridato nella categoria 600cc della International Bridgestone Handyrace, il mondiale di motociclismo paralimpico per piloti disabili.
Cristian, che cos’ha rappresentato quel trionfo?
Il coronamento di un percorso iniziato qualche anno prima. Peccato da un certo punto di vista che sia arrivato in un anno difficile come il 2020, ma è sempre un bel successo.
Appunto, il 2020 non è stato facile per gli sportivi. Il tuo bilancio?
Il bilancio è ovviamente positivo, ma le difficoltà sono state tante. Lo stesso Campionato Mondiale, che inizialmente doveva svolgersi su quattro appuntamenti, tra un rinvio e un posticipo si è ridotto a un’unica gara a Misano, che mi ha visto vincere.
Che gara è stata?
Un test molto impegnativo. Io ero tra i papabili vincitori, ma c’era un ragazzo nuovo che rappresentava un po’ un’incognita, siccome non conoscevamo le sue qualità. Fortunatamente, dopo aver “sudato” nelle qualifiche, ho preso il largo alla domenica, centrando una bella vittoria.
Un successo che, come tu ci tieni a ricordare, nasce dal lavoro del Motorsport L’Airone di Narzole…
Certamente il loro contributo è stato importante, anche perché è dopo essere stato accolto nel loro team nel 2019 che ho potuto inseguire il sogno del Mondiale. Prima ero solo un appassionato che, dopo aver scoperto questo magico mondo, si dilettava di tanto in tanto in gare e prove libere nel weekend grazie all’aiuto di Matteo Tavella, presidente del GM Racing.
Come si allena un pilota paralimpico?
Diciamo che la costanza è l’elemento essenziale per poter essere pronti in gara. Io mi alleno fisicamente tre-quattro volte a settimana, anche se con il lockdown ho iniziato ad allenarmi quasi quotidianamente. L’altro elemento centrale è la pista: cavalcare e conoscere la moto è il modo migliore per prepararsi a un grande evento. Io riesco ad allenarmi nei circuiti almeno due volte al mese, sfruttando impianti vicini come quelli di Busca e Salmour.
Toglici una curiosità: quali sono i rischi principali nel motociclismo paralimpico?
Io tendo a dire che non sono molto diversi da quelli corsi da un pilota normodotato. Un pericolo può essere rappresentato dalle cadute, ma fortunatamente nella maggior parte dei casi queste avvengono al di fuori della carreggiata. Io ho una disabilità che mi permette comunque, se sono in buone condizioni, di alzarmi almeno in piedi, ma, per chi non riesce, fortunatamente il personale presente a bordo pista è sempre pronto ad intervenire.
Insomma, un movimento che si regge anche sull’aiuto di chi vi sta intorno. A che punto è la crescita dello stesso in Italia?
Siamo a buon punto, anche se forse potremmo essere più avanti, se ci paragoniamo a realtà come la Spagna e la Francia. L’ingresso di alcune grandi case motociclistiche e automobilistiche nel nostro mondo ha sicuramente dato una mano, ma il percorso è ancora in una fase iniziale anche a causa dei molti ostacoli burocratici che ci si trova costretti a fronteggiare per organizzare gare rivolte ad atleti paralimpici.
Tornando al tuo percorso, cosa chiedi al 2021?
Un po’ di normalità, anche se temo che a livello sportivo non sarà molto diverso dall’anno che ci siamo lasciati alle spalle. Sarebbe già importante poter gareggiare in un Mondiale completo, nel quale vorrei ripetermi, vincendo ancora.
E il tuo obiettivo a lungo termine?
Il desiderio sarebbe quello di arrivare alla categoria 1000, che rappresenta l’élite del nostro sport. Lì corrono i migliori e confrontarsi con loro, magari classificandosi nelle prime posizioni, significherebbe aver raggiunto il punto più alto per il motociclismo paralimpico.

 

Fassi Misano 2