I “miracoli” dei missionari salesiani

Grazie al sostegno del 5xmille destinato alla onlus Missioni don Bosco

padre Felice Molino, salesiano
padre Felice Molino

La parola “miracolo” si usa nel linguaggio corrente per significare un evento straordinario, vicino all’inverosimile. L’onlus Missioni don Bosco l’ha adottata quest’anno per indicare la destinazione del 5xmille con le dichiarazioni dei redditi.
Non è un eccesso del linguaggio, nella foga di chi si trova costantemente a sostenere i missionari e le loro opere nei Paesi poveri del mondo; neppure un abuso, chiamando in causa l’intervento divino a sproposito. Si tratta piuttosto della sensazione che gli stessi salesiani in Africa, Asia, America Latina comunicano con il racconto di quel che accade nella loro esperienza diretta.
Nel sito missionidonbosco.org sono abbà Filippo Perin dall’Etiopia, padre Roberto Cappelletti dall’Amazzonia, padre Tathi dall’India a comunicare i miracoli a cui assistono: “Il primo miracolo è quello dare la vita a chi non ha niente”, “un miracolo è quello che sto vivendo in questi giorni, l’incontro con i ragazzi che sono nel carcere minorile”, “il miracolo della cura di chi sta male”, “il miracolo di riuscire ogni giorno a dare educazione a 300 bambini che vengono nel nostro asilo”, “il miracolo più grande è quando qualcuno si accorge dell’altro”.
Nel corso del mese di maggio, particolarmente dinamico per i salesiani con la Festa di Maria Ausiliatrice, Missioni don Bosco ha intervistato quattro missionari di origine piemontese inviati in altrettanti Paesi per compiti delicati. Il coadiutore Andrea Comino (originario del Monregalese), 80 anni lo scorso febbraio, è stato pioniere della costruzione di scuole professionali in Cambogia dopo gli inizi nelle Filippine; in seguito, hanno chiesto la sua competenza tecnica in Africa dove poi si è fermato fra Nigeria e Sudan, trattenuto dall’emergenza umanitaria del Darfur. La sua attività nel Sudan, uno Stato allora soggetto al regime integralista, è stata un miracolo di per sé, in quanto capace di superare la diffidenza e talvolta l’ostilità di qualche burocrate. Una situazione simile a quella di Piero Ramello (del Torinese), da un anno in Pakistan, dove è andato a insegnare materie scientifiche nella scuola primaria ed ora, per via del Covid, accoglie un gruppo di ragazzi con famiglie distanti o assenti (foto in basso). Comino e Ramello hanno in comune il ruolo di insegnante, in epoche diverse, all’Istituto Agnelli di Torino.
In Africa sono approdati anche fratel Riccardo Racca (del Saluzzese), prima in Ghana ora in Sierra Leone, e padre Felice Molino (dell’Astigiano) in Kenya. Il primo ci ha inviato una fotografia che per lui vale tutti gli sforzi e i sacrifici fatti dai missionari: è il sorriso di un ragazzo appena uscito dal riformatorio, dove è facile finire anche per colpe lievi. Grazie all’accoglienza ricevuta dai salesiani adesso vede una possibilità di ricominciare da capo la sua integrazione sociale. Una storia di riscatto è anche quella che ci racconta don Molino, che ha aiutato una giovane senza genitori a crescere e a studiare, a ritrovare la famiglia una volta divenuta maggiorenne, resasi capace di soccorrere la madre abusata da un uomo e il fratellino nato da quell’unione. Oggi è autonoma con il suo lavoro, consapevole di poter aiutare altri: per questo torna di tanto in tanto dal missionario con una somma risparmiata da destinare alle sue attività.
Sono queste le “cose mirabili” che avvengono senza clamori se non con la felicità nel cuore di chi le vive e di chi ne è testimone e spesso fautore. “Miracoli” a cui contribuisce il 5xmille di tanti donatori a distanza.

Piero Ramello in Pakistan
Piero Ramello è il più alto in ultima fila