Il card. Koch: “L’Ecumenismo è un compito di tutta la Chiesa e di ogni cristiano”

Il Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani al festival della “Dei Verbum”

Kurt Koch
Il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani

Dopo l’intervento per l’apertura del Festival Dei Verbum (organizzato a Sanremo dal 28 agosto al 2 settembre), poco prima di partire per la Mongolia con il Papa, abbiamo salutato il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Che, parlando in assemblea sul ruolo del Concilio Vaticano II e della sua Costituzione relativa alla divina rivelazione (la Dei Verbum, appunto), si è soffermato “sull’ascolto della Parola di Dio, rivelatosi di fondamentale importanza anche nel cammino verso l’unità ecumenica dei cristiani”. Sottolineando come “il movimento ecumenico ha dunque preso coscienza del fatto che il superamento delle divisioni sarà possibile solo tramite una lettura comune e condivisa delle Sacre Scritture, nello spirito con cui sono state scritte”.

E se, ha continuato, “durante la Riforma, soprattutto il rapporto tra Sacra Scrittura e Tradizione della Chiesa è stato fonte di controversie, molti dialoghi ecumenici hanno invece evidenziato che Sacra Scrittura e Tradizione non possono essere né giustapposte né assimilate l’una all’altra, e che la stessa Sacra Scrittura deve essere considerata frutto della Tradizione della Chiesa”. Ribadendo, comunque, che il principio di basare la guida pastorale unicamente sulle indicazioni date dalle Scritture senza altre mediazioni, come avviene in molte chiese evangeliche (il cosiddetto principio di “sola scriptura”) “è estraneo alla teologia cattolica. D’altronde, anche la parte protestante ne riconosce sempre più la sua natura problematica e tenta di superarlo”.

È necessaria, dunque, una sempre maggiore formazione su questo ed altri aspetti emergenti dal dialogo e dalle relazioni interconfessionali. “Non conosco la formazione dei vescovi italiani - ci ha detto, però - ogni vescovo è responsabile dell’unità della Chiesa per la sua diocesi, e per l’unità della sua diocesi con la Chiesa universale, e anche con l’unità di tutti i cristiani”. Un impegno che, secondo le linee guida suggerite dal “Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’Ecumenismo”, dovrebbe coinvolgere i futuri sacerdoti anche in “esperienze ecumeniche che spero si siano sviluppate. Perché la Chiesa vuole che si facciano passi avanti in questa direzione”.

Infatti, ha proseguito, “tutti i Papi, dopo il Concilio Vaticano II, hanno un cuore aperto per l’Ecumenismo; Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco portano avanti una bellissima tradizione. Il Papa, in ogni suo viaggio, ha un incontro ecumenico ed interreligioso. Ed anche in questa terra mongola in cui stiamo andando è molto importante, perché la cristianità è minoranza; in questo paese di altre religioni è previsto un incontro interreligioso, e poi ecumenico ed interreligioso insieme. E c’è speranza di portare un messaggio di cristianità oltre il continente europeo e di far emergere una nuova umanità”.

“L’impegno ecumenico comunque è di tutti - ha infine sottolineato -. Il fondamento di tutto l’Ecumenismo è la preghiera per l’unità, perché Gesù ha pregato che tutti i discepoli siano una cosa sola. E se Gesù ha pregato per l’unità, come potremmo fare di meglio? L’Ecumenismo spirituale, la preghiera per l’unità, include tutta la gente, tutti i cristiani, anche se non sono teologi”.