“The miracle club” – “Chi segna vince”

The Miracle Club

THE MIRACLE CLUB

di Thaddeus O’Sullivan; con Laura Linney, Kathy Bates, Maggie Smith, Agnes O’Casey, Mark O’Halloran, Usa, 2023, durata 91 minuti. 

Il passo sembrerebbe quello della commedia, così come il volto e i modi delle interpreti, a cominciare da una splendida e intramontabile Maggi Smith, ma poi nella storia si fa spazio il dramma che ha i tratti della matura ma ancora avvenente Chrissie (Laura Linney). Siamo nella cattolicissima Dublino degli Anni ’60, l’anziana madre è morta e dopo quarant’anni Chrissie Limey torna là dove è nata e ha vissuto la sua adolescenza per partecipare, inattesa, alle esequie della madre Maureen. Nessuno pensava che sarebbe tornata, non la madre, non le amiche, neppure lei. Quarant’anni prima, ragazza poco più che adolescente, era partita per gli Stati Uniti senza più voltarsi indietro; a molti era sembrata una fuga, ma forse si era trattato di qualcos’altro, di una brutale e crudele cacciata di una ragazza incolpevole travolta dai pregiudizi e dallo stigma di una comunità bigotta e chiusa. 

Sarà un viaggio a Lourdes, organizzato anche in onore della madre Maureen da un sensibile e lungimirante parroco a risanare le ferite di quel piccolo mondo dove sono le donne a dettare musica e spartito regalando qualche sorriso e più di una riflessione, i mariti (uno strepitoso Stephan Rea) sono nient’altro che dei ridicoli residuati di maschilismo d’epoca, sono le mogli a scandire i tempi dell’azione e della vita, dalla novantenne Maggi Smith alla graffiante e rancorosa Kathy Bates/Eilen. Il viaggio a Lourdes compirà il miracolo e non saranno i corpi ad essere risanati, ma gli spiriti e le anime.

 

Chi Segna Vince

CHI SEGNA VINCE

di Taika Waititi; con Michael Fassbender, Oscar Kightley, David Fane, Beulah Koale, Lehi Makisi Falepapalangi, Usa, 2023, durata 104 minuti. 

Come spesso accade, forse troppo spesso, il film si apre con la scritta “tratto da una storia vera” che tuttavia in questo caso risulta essere una precisazione più che mai necessaria, perché la vicenda ha, se non dello straordinario, certo del bizzarro, e ci dice quante volte la realtà superi la fantasia. Thomas Rongen è un allenatore di calcio tecnicamente assai preparato ma decisamente iracondo e certamente poco empatico che nella sua carriera proprio per queste ragioni ha incassato più di un esonero e che dopo il suo ultimo licenziamento si vede offrire come ultima, e unica possibilità, la panchina della nazionale delle isole Samoa, la sola squadra al mondo ad aver subito una sconfitta di 31 a 0 in una partita ufficiale. Irritato e sconvolto dalla proposta che ritiene decisamente sminuente ma che tuttavia non può rifiutare se non vuole ritrovarsi disoccupato, Thomas Rongen giunge nell’arcipelago carico della protervia e dell’arroganza dell’uomo bianco in missione “per conto della civiltà” senza comprendere il senso profetico e disarmante delle parole di Gail, dirigente dell’America Soccer Federation nonché ex moglie di Rongen che poco prima di assegnargli l’incarico gli aveva ricordato senza troppi filtri che lui  non era stato mandato lì per aiutare i samoani, ma che era stato mandato lì per aiutare se stesso. Va da sé che l’iracondo e alcolizzato allenatore venga presto conquistato dallo spirito amorevolmente goliardico dei samoani riuscendo ad invertire la rotta e a trasformare un’accozzaglia di giocatori in una vera squadra (o quasi). Del resto alla Football Federation of American Samoa bastava segnare un solo goal in una partita ufficiale per evitare l’espulsione dalla Fifa. Commedia sportiva “fall & rise” di discreta fattura in grado di strappare più di una risata, il film di Taika Waititi ci racconta l’importanza della sconfitta e quanto possiamo imparare, e sorridere, dai e dei nostri errori, perché “sempre male non può andare e sempre bene non può durare”.