“Dieci minuti” – “Pare parecchio Parigi”

Dieci Minuti

DIECI MINUTI

di Maria Sole Tognazzi;  con Barbara Ronchi, Fotinì Peluso, Margherita Buy, Alessandro Tedeschi, Anna Ferruzzo, Italia, 2024, durata 102 minuti. 

Giunta a metà del suo percorso, la vita della quarantenne Bianca subisce una svolta importante e drammatica. Due avvenimenti distinti ma contemporanei la costringono a fare i conti con situazioni inattese. Dopo diciotto anni di matrimonio il suo compagno Niccolò la lascia. La loro relazione era svaporata, svanita con il tempo, come la fragranza di una boccia di profumo lasciata aperta aveva perso di intensità, ma Bianca non le aveva dato peso, non si era accorta di nulla. Non dell’infelicità del suo compagno, non della sua, non dell’affievolirsi reciproco del loro amore. Ma non è soltanto la sfera affettiva ad entrare in crisi, anche il giornale per il quale lavora decide di licenziarla. Due colpi forti, distinti ma congiunti che precipitano Bianca in uno sconforto che presto diventa depressione. Ed è qui che Bianca incontra la dottoressa Braibanti, una psicologa dai modi decisi e diretti che per scuotere la sua paziente da quella sorta di torpore esistenziale che sembra avvolgerla le consiglia un singolare esercizio terapeutico: ogni giorno provare a fare per dieci minuti un’esperienza nuova, qualcosa che non ha mai fatto prima per dieci minuti soltanto…

Liberamente tratto dal romanzo di Chiara Gamberale “Dieci minuti” il film di Maria Sole Tognazzi, che ha curato anche la sceneggiatura insieme a Francesca Archibugi, è un delicato racconto di rinascita e riscoperta, un elogio della fragilità o, come afferma in un bel dialogo la psicologa Braibanti, “la scoperta della potente forza della debolezza”. Tutto il film infatti è incentrato sull’esplicitazione narrativa e visiva di questo apparente ossimoro che le due protagoniste Bianca/ Barbara Ronchi dottoressa Braibanti/ Margherita Buy dipanano con incredibile bravura, una storia che ci riporta alla scoperta di quelle emozioni e di quei sentimenti che troppe volte il frenetico scorrere della vita, le convenzioni piuttosto che le nostre paure ci costringono a nascondere. Da vedere. 

 

Pare Parecchio Parigi

PARE PARECCHIO PARIGI

di Leonardo Pieraccioni; con Leonardo Pieraccioni, Chiara Francini, Giulia Bevilacqua, Nino Frassica, Massimo Ceccherini, Italia, 2024, durata 96 minuti. 

Passano gli anni, mutano i contesti - storici, politici, culturali - eppure la comicità di Leonardo Pieraccioni resta sempre la stessa. Giunto alla grande popolarità nel 1996 con “Il ciclone” Pieraccioni non è più riuscito ad abbandonare un cliché che in qualche modo è diventato, ragionando in termini positivi, una sorta di marchio di fabbrica o, per essere un pochino più tranchant, un frusto stereotipo. Un film all’anno dal 1995 al 1999, per poi diradare un pochino le uscite con un totale ad oggi di diciotto pellicole che, “mutatis mutandis” raccontano sempre la stessa storia, con un Pieraccioni stralunato che incespica, balbettando, nelle situazioni e nelle parole e il pubblico che aspetta una battuta che non arriva. Anche quest’ultimo “Pare parecchio Parigi” non si discosta dallo schema predetto benché i presupposti fossero in realtà buoni, a cominciare da un titolo curioso e intrigante costruito su un’allitterazione. Tratto da una vicenda realmente accaduta ai fratelli Michele e Gianni Bugli che nel 1982 partirono con il padre malato in roulotte e gli fecero credere di essere arrivati a Parigi senza andare in realtà da nessuna parte, il film racconta appunto del pietoso inganno messo in atto da tre fratelli che per accontentare un padre morente, Nino Frassica, fingono di portarlo a Parigi in camper senza davvero mai allontanarsi dal maneggio vicino casa. Il soggetto di per sé è decisamente curioso e intrigante ed avrebbe potuto dare vita ad una serie infinità di situazioni comiche, ciò che manca però è un convincente sviluppo narrativo della situazione e dei personaggi, Pieraccioni gigioneggia, gli altri interpreti fanno da (sbiadito) contorno e dopo nemmeno mezz’ora tutto risulta già prevedibile e scontato, l’attenzione s’ammoscia e le risate si trasformano in sbadigli. Peccato.