“Gli spiriti dell’isola” – “Decision to leave”

Gli Spiriti Dell Isola

GLI SPIRITI DELL’ISOLA
di Martin McDonagh; con Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, Barry Keoghan, Pat Shortt, Irlanda, Usa, Gran Bretagna, 2022, durata 114 minuti. 

Quattordici anni dopo il suo film d’esordio (“In Bruges”) Martin McDonagh torna a dirigere Colin Farrell e Brendan Gleeson che di quel film furono protagonisti, ricostruendo un sodalizio in grado di lavorare come si dice “ad occhi chiusi”. Già, perché ci vuole una particolare intesa per mettere in scena un film di carattere, e di caratteri, come “Gli spiriti dell’isola”.
Siamo in Irlanda, primi Anni ’20. Pádraic e Colm sono buoni amici, ogni giorno si ritrovano al pub per una pinta di birra e due chiacchiere in libertà. Come un metronomo, da sempre quell’appuntamento scandisce le loro vite. Poi, di colpo, Colm decide di mettere fine a tutto ciò. Senza spiegazioni, senza ragioni apparenti, sceglie di non aprire più la porta di casa, e del suo cuore, all’amico. Ne ha abbastanza di Pádraic e non spenderà nemmeno più un minuto della sua vita con lui. Sconvolto da un comportamento che non riesce a comprendere, in un primo momento Pádraic (Colin Farrell) si farà aiutare da amici e parenti per cercare di far ragionare Colm (Brendan Gleeson) e farlo recedere da una decisione decisamente assurda. Ma quando tutti gli sforzi si riveleranno inutili, il vino si tramuterà in aceto, l’amicizia in risentimento e tutto precipiterà…
Tragedia di caratteri con qualche, lieve, spruzzata di riso, il film si regge sulla magistrale prova d’attore dei due protagonisti in grado di regalarci una sfida/confronto davvero esemplare, una partita a scacchi dove i pedoni e gli alfieri, i re e le torri sono i sentimenti e le passioni, i segreti e le confidenze, i desideri e le aspettative. Un film che attraverso un’articolata e spiazzante riflessione sull’amicizia (e sulla perdita della stessa) realizza al contempo anche un illuminante affresco, e metafora, di un Paese, l’Irlanda, da secoli dilaniato da una guerra fratricida che, come tutte le guerre, è la quintessenza dell’insensatezza. 

Decision To Leave
DECISION TO LEAVE
di Park Chan-wook; con Hae-il Park, Wei Tang, Go Kyung-pyo, Yong-woo Park, Lee Jung-hyun , Corea del Sud, 2022, durata 138 minuti. 

Un suicidio dalle caratteristiche singolari, così singolari che forse potrebbe trattarsi anche di un omicidio. C’è la moglie del defunto, che non sembra affatto turbata da quanto accaduto. E poi c’è il detective chiamato ad occuparsi del caso, che invece è turbato assai. Soprattutto dall’avvenente vedova. Ha il passo del noir ma anche le movenze del film romantico, il delicato e toccante “Decision to leave” di Park Chan-wook che dopo un passato di regie decisamente forti, a volte al limite dell’indigesto - “Old boy” - dove il sangue scorreva in abbondanza, con questo lungometraggio cambia decisamente passo e registro confezionando un noir dalle atmosfere rarefatte che incrocia con sapienza e delicatezza indagine e passione, amore e suspense. 
Lui non si fida di lei, ma ne è ossessionato. Lei si prende gioco di lui, ma ne è attratta. L’indagine ha come obiettivo la scoperta del colpevole e di quanto accaduto o piuttosto mettere di fronte, ma anche accanto o forse insieme, detective e moglie della vittima? Le chat e i messaggi vocali, la pervasività della Rete e le atmosfere da Grande fratello danno il sapore di contemporaneità ad una storia che ha dell’antico e che Park Chan-wook dirige con grande tatto e sapienza. Un film in sottrazione, che trabocca erotismo e sensualità semplicemente attraverso gli sguardi e gli ammiccamenti dei protagonisti, potente più per ciò che evoca che ciò che mostra. Da non perdere.