A Bruxelles risultato storico, nasce il Recovery Fund da 750 miliardi

I soldi andranno a sostenere programmi pubblici volti a permettere un più rapido recupero dai danni economici e sociali causati dall’epidemia di Covid-19. Maggiori aiuti agli Stati più colpiti, a partire dall'Italia. Si tratta di una forma molto profonda di solidarietà a livello comunitario

Bruxelles, 21 luglio: Michel e Von der Leyen al termine del Consiglio europeo
Bruxelles, 21 luglio: Michel e Von der Leyen al termine del Consiglio europeo (foto SIR/Consiglio Ue)

Un accordo storico. Il termine viene usato spesso e probabilmente in molti casi abusato nella cronaca degli eventi comunitari, e tuttavia dopo questi quattro giorni e quattro notti di negoziato al Consiglio europeo non è retorico. Vediamo perché.
All’alba di martedì 21 luglio il Consiglio europeo, organo che riunisce i capi di Stato e di governo dell’Unione europea, ha approvato una versione modificata, ma non stravolta nell’impostazione di fondo, della proposta presentata dalla Commissione europea per il piano pluriennale di bilancio dell’Unione e per costituire un fondo speciale – in inglese Recovery Fund, o Fondo per la ripresa – finanziato per 750 miliardi di euro.
La grande innovazione è proprio il Fondo per la ripresa. La novità sta sia nel modo in cui viene finanziato, sia nel modo in cui spenderà i soldi. Cominciamo da quest’ultimo aspetto: i soldi saranno spesi per programmi pubblici volti a permettere un più rapido e profondo recupero dai danni economici e sociali causati dall’epidemia di Covid-19. Ne consegue che i soldi saranno distribuiti in funzione di quanto un Paese è stato colpito dall’epidemia di Covid-19. Si tratta dunque di una forma molto profonda di solidarietà a livello europeo. Per l’Italia, si tratta di una cifra impressionante: il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato 209 miliardi fra sussidi e prestiti. Anche chi vede l’appartenenza all’Ue in termini soltanto contabili, difficilmente potrà negare la “convenienza” dell’Italia ad essere parte della comunità europea.
Certamente i programmi finanziati con il Recovery Fund dovranno essere fatti funzionare bene: pianificati ed effettivamente attuati. Anche di questo si è discusso, comprensibilmente, durante il Consiglio europeo, e in tutta onestà un monitoraggio forte da parte degli organi comunitari di come le autorità pubbliche italiane spenderanno i soldi dovrebbe essere più che benvenuto: è infatti dovere delle autorità impiegare questi soldi proficuamente. La funzione di controllo sarà principalmente dalla Commissione Ue, e anche questo è un passo avanti: lo strumento adottato un decennio fa durante la crisi fiscale di alcuni Paesi come la Grecia aveva portato a costituire un fondo di finanziamento gestito direttamente dagli Stati nazionali e quasi del tutto fuori dalla supervisione sia della Commissione che del Parlamento europeo. Il Fondo per la ripresa è invece uno strumento veramente comunitario e totalmente integrato nel sistema delle istituzioni dell’Ue.

Anche il modo in cui verrà finanziato il Fondo per la ripresa rappresenta una novità storica. Viene infatti finanziato con emissione di debito a carico dell’Ue in quanto tale: per la prima volta l’Unione si fa carico collettivamente di prendere soldi a prestito dai mercati finanziari, per quantità ingenti (un indebitamento per cifre molto limitate era già stato effettuato in passato, ma per importi ridotti) per impiegarli per finalità di solidarietà europea. Molto rilevante è anche il modo con cui il debito verrà rimborsato: con nuove tasse (ancora da definire) che colpiscono attività economiche esterne all’Ue, come l’inquinamento da carbone di chi ha prodotto beni importati in Europa o la tassazione dell’attività economica dei grandi operatori del digitale (in generale questi sono statunitensi o cinesi). In questo senso l’Ue si sta anche dotando di una più forte politica estera: dovrà infatti scegliere chi e cosa tassare, scontentando l’una o l’altra potenza; ma questa è l’essenza della politica estera.
Infine, qualche considerazione merita il processo attraverso il quale si è pervenuti a prendere tali decisioni: un estenuante negoziato durato quattro giorni e quattro notti… continua a leggere

Edoardo Ongaro, professore di Management pubblico
presso la Open University del Regno Unito (fonte SIR)