Riuscì a permeare di Vangelo il suo presente (3ª parte)

Natalino Bergese

Di Natalino Bergese, racconta Silvio Crudo, sicuramente «meno noto ma ugualmente significativo è il modo con cui ha vissuto l’intreccio tra esperienza politica e esperienza di Fede. Ne parlò per primo Beppe Manfredi, suo grande amico ed estimatore, segnalando il rifiuto fermissimo che Natalino oppose durante la campagna elettorale per le provinciali a che fosse detto o scritto che era stato presidente diocesano di Ac. Non voleva confondere i piani», perché era solito dire che «la Fede non è un titolo di merito (da vantare), ma semmai una chiamata a una maggiore responsabilità (da dimostrare)». Esercita in primo luogo la "politica dell'ascolto", come simpaticamente ricorda ancora Silvio Crudo: «Non era abituale vederlo passeggiare in via Roma, ma quando questo succedeva, per noi più giovani era uno spasso. Era facile prenderlo in giro. Difficilmente, infatti, il tragitto dal Municipio all’Ospedale durava meno di un’ora. Lo fermavano in molti e lui non si giustificava. Semplicemente ci ricordava che “era suo dovere”». Detta così sembra la parabola dell'uomo di successo, che sta vivendo una brillante carriera politica e che gode anche di una certa popolarità, ma Dio solo conosce invece le battaglie che deve sostenere per tener fede ai suoi principi, gli ostacoli che deve superare in nome della lealtà e della coerenza, le ingratitudini e le contraddizioni sopportate da parte di chi invece agisce unicamente per speculazione di parte.

La politica, che così spesso deposita anche parecchi atomi di polvere sui vestiti di chi la pratica, sembra che con lui non riesca in questo intento: lo dice apertamente don Lenta, che per essergli rimasto accanto lunghi anni sia in Azione Cattolica che in Ospedale e per averne inoltre raccolto le confidenze, può «testimoniare della sua diuturna dedizione alla Chiesa e a Fossano, dell'integrità e del disinteresse, spinto fino allo scrupolo, che segnarono il suo servizio alla collettività». Nel 1979 sfiora l'elezione alla Camera dei Deputati", con una "nomination", più frutto di scelte di partito che non di ambizione personale, da lui come sempre accettata in spirito di obbedienza e di servizio. «Mancò il risultato per una manciata di voti», ha scritto il sindaco Mana, «per effetto della sommatoria delle preferenze espresse nelle altre province della circoscrizione, avendo egli invece acquisito la nomina in rapporto ai risultati della Granda». Attende serenamente - come noi stessi possiamo testimoniare - l'esito del voto, andando al mare il giorno stesso delle elezioni e all'esito delle urne, come ricorda ancora Angelo Mana, «non vi furono scene di disappunto, non ricerca di traditori veri o presunti, non denuncia di complotti più o meno immaginari». Per Natalino, anche questa sconfitta elettorale altro non è che un'occasione in più per «dimostrare con i fatti di credere quanto andava dicendo da sempre e in ogni dove: essere le idee che contano e non la sorte e gli interessi delle persone che le testimoniano e le personificano».

Poi arriva la pagina sofferta del progressivo decadimento fisico, iniziato con una malattia di natura neurologica che sfocia poi nella malattia che lo conduce alla tomba, affrontata con la fede, la speranza e la pazienza cui si è allenato per una vita intera. E anche con lucidità cosciente, tanto da confidare ai suoi più intimi: «Ringrazio il Signore perché ogni giorno che mi dà da vivere è sempre un regalo». E per non lasciare nulla di incompiuto, o almeno cercare di fare al meglio la sua parte fino alla fine, continua a lavorare come può e come riesce, radicandosi sempre più  nella comunione eucaristica e nella recita del rosario, per continuare a permeare di valori cristiani ogni suo ambito di vita, anche la malattia. «L'Ac è vocazione, chiamata del Signore e della Chiesa a farci santi, a santificare l'ambiente che ci circonda», dice nel 1976, nel momento di congedarsi dalla presidenza dell'Azione Cattolica. Gli fa eco, 15 anni dopo, uno dei suoi amici "veri" che il 3 ottobre 1990, quando i suoi occhi si chiudono sulla scena di questo mondo, sentenzia: «Oggi qui si piange per la morte di Natalino, ma in paradiso si fa festa per l'arrivo di un santo». Sarà stato sicuramente così.

(3 – fine)