Secondo appuntamento con la rubrica “Parole di Pace”, in collaborazione con l’Agd, agenzia giornali diocesani di Piemonte e Valle d’Aosta. In ogni puntata una voce del territorio per parlare di pace, costruire la pace, anche dal basso. Dai luoghi della nostra vita.
Spazio. È la mia parola per dire pace, per cercare la pace, per orientare alla pace, per trasformare le spade in vomeri, le lance in falci. Vi è un unico luogo in tempo di guerra dove chi è nemico sulla superficie convive e lavora insieme ed è l’orbita, lo spazio. Durante i primi tempi del conflitto in Ucraina, sulla stazione spaziale internazionale hanno lavorato e convissuto astronauti russi ed americani. In tempo di guerra fredda, certamente anche a scopo di propaganda, ma la prima stazione spaziale orbitante, russa, fu chiamata Mir, pace.
Nell’esplorazione dello spazio la tecnologia si pone ad un bivio. Esplorazione o conquista, possesso o bene comune. Nello spazio si affrontano luce e tenebra, caldo e freddo assoluti, vuoto e pieno. Lo spazio è il luogo degli opposti e non vi è luogo come lo spazio ove la custodia della vita sia il bene supremo. Si va nello spazio per vivere, anche se morire, nello spazio, è un rischio che si mette sempre in conto. Il paradosso dello spazio è che la tecnologia che ci permette di esplorarlo è tecnologia di origine bellica. Sulla Luna ci siamo andati grazie alle V2 di von Braun costruite per distruggere Londra. Lo spazio è la meta con cui convertire intelligenza per la morte in intelligenza per vita, tecnologia per la distruzione in tecnologia per la fraternità. Lo spazio è anche bellezza, del cielo e dei suoi oggetti straordinari. Le stelle nella loro grandiosità non umiliano, ma educano all’umiltà. Galassie e nebulose sono bellezza sconfinata che restituisce il desiderio del bello e del vero.
Si chiama effetto panoramica ed è la definizione scientifica del mutato atteggiamento esistenziale rilevato negli astronauti dal prima al dopo missione. Diverso modo di affrontare la vita ed i conflitti, di vedere il mondo e le persone, di rapportarsi con se stessi e la propria dimensione interiore. Un effetto simile affiora nel cuore delle persone che dedicano tempo a guardare il cielo stellato, ad osservare con un binocolo o con un telescopio la bellezza della natura sopra di noi. Può essere lo spazio motore della pace, del desiderio di pace, del bisogno di pace? Può essere l’economia dello spazio una conversione dell’economia della guerra? Può essere la bellezza delle Pleiadi e di Orione quello strumento che ci restituisce la consapevolezza di essere figli e fratelli, amati perché circondati di bellezza a disposizione di tutti? In questo spazio di parole, una parola che apre, forse, nuovi spazi.
Don Luca Peyron