“I locali sono affollati e noi ancora in Dad. Non è giusto”

La studentessa del Liceo Ancina Valeria Milanesio in protesta a Torino

C’erano i ragazzi di Last, “Laboratorio studentesco”, gli insegnanti e i genitori di “Priorità alla scuola” e molti studenti, che hanno scelto di far sentire il proprio no alla ripartenza delle lezioni ancora in didattica a distanza. Tra loro Valeria Milanesio, liceale del quinto anno all’indirizzo linguistico dell’Ancina: giovedì 7 gennaio c’era anche lei, insieme alla sorella, in piazza Castello a Torino, davanti al Palazzo della Regione dove sono stati posizionati dei banchi, vuoti, come lo sono quelli degli istituti superiori. “Speravamo di non doverlo fare, perché ci aveva promesso che la scuola a gennaio sarebbe ripartita in classe, almeno per il 50% delle ore e invece ancora una volta siamo in didattica a distanza. E questo non va bene” - racconta Valeria che quest’anno avrà la maturità e che l’ultima lezione in un’aula reale l’ha fatta a inizio ottobre. Per lei (contagi permettendo) le porte del liceo si riapriranno il 18 gennaio. “C’è molto malcontento tra gli studenti, siamo stanchi di vedere che quella priorità che la scuola merita non viene data. Mancano decisioni e azioni concrete. Non sappiamo ancora davvero quando potremo tornare in classe e soprattutto per quanto tempo ci potremmo stare”. Nessuno degli studenti in protesta a Torino voleva sminuire l’attuale situazione sanitaria, ma “qui ne va del nostro futuro – aggiunge Valeria -. Abbiamo fatto alcune settimane fa anche una videoconferenza con il Presidente Cirio e lui non è riuscito a fornire risposte concrete alle nostre domande. Non neghiamo la gravità di ciò che il mondo sta vivendo, ma mi sembra che all’estero la scuola sia stata presa più in considerazione, mentre in Italia sono stati aperti i centri commerciali. Noi vediamo foto di locali aperti e strade piene, e continuiamo a dover stare davanti a un computer. Non è giusto”.

Valeria Milanesio frequenta il quinto anno al liceo Ancina

Da ottobre Valeria segue le lezioni online, ma fino a quando poteva seguirle in aula tutte le misure di sicurezza erano garantite e rispettate: mascherina sempre indossata, distanza minima di un metro, gel igienizzate a disposizione in più punti della scuola. “Io e mia sorella siamo fortunate: abbiamo un computer a testa per collegarci alle lezioni, spedire i nostri compiti e test – continua Valeria -. Ma non tutti hanno questa possibilità, in molti hanno dispositivi vecchi o devono condividerli con altri. Non solo: sappiamo che il livello di dispersione scolastica sta salendo drasticamente e che molti studenti non vivono in situazioni famigliari serene e più tempo trascorrono a casa peggio è. Quando lo abbiamo fatto presente al presidente Cirio ci ha risposto che non risulta un aumento dei suicidi giovanili: bisogna arrivare fino a quel punto per far emergere il problema?”.
La cosa che manca di più a Valeria è l’aspetto sociale della scuola, parte integrante e fondamentale della didattica e del processo di crescita di un giovane: ora è praticamente nullo e anche “dal punto di vista delle lezioni per quanto i nostri professori stiano lavorando al meglio per non ‘toglierci’ nulla, c’è comunque molta differenza rispetto a prima, proprio perché non siamo nella stessa aula”.
Grande responsabilità della diffusione dei contagi pare ce l’abbiano non tanto le scuole quanto i mezzi pubblici utilizzati per raggiungerle: “ma già la scorsa estate si sapeva che questo sarebbe stato il problema, ma a quanto pare non è stato fatto abbastanza per risolverlo – continua Valeria -. Le soluzioni stanno arrivando in ritardo e intanto emergono nuove difficoltà”. Valeria e i suoi compagni dovrebbero tornare in aula, per almeno il 50% delle ore, il 18 gennaio, “ma io ormai stento a crederlo – dice-. Non ero fiduciosa per il 7 e purtroppo ho avuto ragione e temo che l’andamento dei contagi farà nuovamente cambiare le carte in tavola. Ogni volta che si avvicina la data che per noi significa un ‘quasi-ritorno’ alla normalità la vediamo sfumare e spostare in avanti.
Questo crea sfiducia e stanchezza. Naturalmente io ci spero di tornare in aula il 18, ma per quanto tempo potrò andarci a scuola questa volta?”.