Un anno fa, l’arrivo del ciclone

“Il Paese si ferma”. Mercoledì 26 febbraio “la Fedeltà” lancia l’allarme Coronavirus

Covid un anno La Fedeltà

Era mercoledì 26 febbraio. E “la Fedeltà” apriva la prima volta il giornale con il ciclone Coronavirus. Dopo qualche settimana di avvisaglie, l’emergenza era arrivata anche in Piemonte con i primi sei casi (tre dei quali in provincia di Cuneo). Le pagine di quel numero registrano lo sconcerto, l’apprensione e l’incertezza di quei giorni. “Ministero della Salute e Regione hanno introdotto una serie di provvedimenti che stanno cambiando la vita quotidiana - scrivevamo nel richiamo in prima pagina -: chiudono le scuole e sono annullati gli eventi che comportano aggregazione di persone (con poche eccezioni). Effetti evidenti anche sulle funzioni religiose: nelle diocesi del Piemonte sono sospese le celebrazioni delle messe. Tra la gente segni di forte preoccupazione, quasi psicosi: vanno a ruba mascherine e amuchina”.

Erano, quei giorni, e quel giornale, anche dedicati a illustrare le regole di comportamento: quelle che oggi conosciamo a menadito, ma che allora non erano ancora del tutto note. Lavarsi le mani, evitare i contatti ravvicinati (ma come? non ci si può neanche baciare? O stringere la mano?). Non andare in ospedale. E non avere paura dei Cinesi (non più degli altri, perlomeno). Non era ancora il tempo, invece, per invitare a usare la mascherina. L’Organizzazione mondiale della Sanità, infatti, raccomandava di indossarla soltanto a chi sospettasse di aver contratto il nuovo Coronavirus, e presentasse sintomi, o a chi si fosse dovuto prendere cura di una persona con sospetta infezione da nuovo Coronavirus.

Quanto si stava sbagliando l’Oms lo avremmo saputo soltanto più avanti. Ma tant’è: a quel tempo di mascherine ce n’erano ben poche. E non conveniva a nessuno lanciare un allarme senza indicare come porvi rimedio. Nel numero successivo, il primo del mese di marzo, avremmo cominciato a pesare anche le conseguenze economiche del contagio, che già ci sembravano disastrose per una manciata di settimane. Nel terzo - quello dell’11 marzo - saremmo invece tornati a lanciare l’allarme sanitario, in un’altalena di timori tra salute ed economia che - allora non potevamo saperlo - ci perseguita ancora oggi (Fossano, l’Italia, il mondo), a dodici mesi di distanza.