La Nigeria di don Patrick

Il sacerdote nigeriano - ospite nelle scorse settimane in diocesi - nell’intervista traccia un ritratto del suo Paese, un gigante di 210 milioni di abitanti, in forte ascesa, ricchissimo di risorse, come il petrolio, ma anche pieno di contraddizioni

Ugwaka Don Patrick

Amico consolidato della diocesi di Fossano, don Patrick Uguwaka vi ritorna regolarmente, con molta gioia, nel periodo estivo. Per chi lo conosce è sempre un’occasione per sentire, dal suo racconto, la vita, gioie e dolori del suo paese, Imo, nel sud-est della Nigeria, nella diocesi di Okigwe, di cui è cerimoniere e dove ha insegnato per un decennio in Seminario, ancora molto frequentato. “Nelle parrocchie mettiamo anche l’annuncio per chi voglia sostenere l’esame ed entrare in Seminario; ci sono sempre vocazioni, con giovani che coinvolgono altri giovani”, ci dice. Se è vero che alcuni di loro “saranno anche spinti, in questa scelta, dalla povertà, ci sono però quelli che lo diventano per sincera vocazione, prendendo esempio dalla fede dei loro genitori, che pregano ed amano la Chiesa”. Don Patrick stesso è diventato prete grazie alla grande fede di suo fratello maggiore “che ho preso a modello, per cui il suo cammino è diventato il mio”.

Ha poi collaborato alla formazione di una parrocchia in costruzione, in un villaggio vicino alla città di Okigwe, nella provincia di Owerre, per quattro anni. Adesso, da un anno e mezzo, è parroco in un’altra parrocchia di circa tremila abitanti, “St. Patrick”, in un villaggio, Umuezeala Owerre, in cui si vive prevalentemente di agricoltura. Opera con altri tre sacerdoti, uno è il curato e gli altri due sono presidi di due diverse scuole. “Abitano in parrocchia - aggiunge il sacerdote - e aiutano per le celebrazioni eucaristiche, molto partecipate anche nelle frazioni lontane dal villaggio. I giovani sono vivaci, mentre per i bambini abbiamo, d’estate, i seminaristi che ci aiutano nel catechismo ed altre attività. Tra queste, gli insegnamenti sulla Bibbia che portiamo avanti ogni domenica pomeriggio”.

In mezzo a queste soddisfazioni, non mancano però le difficoltà socioeconomiche. Da queste siamo partiti per approfondire la conoscenza del suo paese.

Ultimamente ci sono stati casi di sacerdoti rapiti, per quale motivo?

Da un po’ di tempo sentivamo di sacerdoti rapiti in strada o nelle stesse parrocchie, e, dall’anno scorso, questo sta capitando anche nella mia zona. Poi li rilasciano, chiedendo il riscatto. Ma la Conferenza Episcopale della Nigeria ha deciso di non pagare per i sacerdoti rapiti. Qualche volta, però, pagano le famiglie. Se non pagano, i sacerdoti vengono maltrattati o addirittura ammazzati. Penso che il motivo sia la povertà, innanzitutto, poi la disoccupazione e quindi la voglia di fare soldi subito. È diventato un business. Ed è accaduta la stessa cosa a leader di altre religioni. Perciò quando esco per incontrare le persone devo usare prudenza.

In mezzo a questi problemi come si muove la Chiesa nigeriana? Quali sono le sue priorità?

I cristiani in Nigeria hanno raggiunto il 53,5% (di cui un terzo cattolici) della popolazione, i musulmani sono al 45%. Come cristiani della Nigeria c’è un’associazione che li raggruppa tutti e li aiuta a crescere insieme, con programmi per i giovani, gli adulti e per i bambini. E poi i cattolici (poiché in Nigeria abbiamo una Conferenza Episcopale molto forte) “controllano” quando ci sono delle crisi del Governo e delle crisi tra i musulmani. In Nigeria il problema più grande dei giovani è la disoccupazione. Come diciamo noi, se uno ha fame non va neanche in Chiesa. Abbiamo quindi formato un’organizzazione di giovani cristiani, presente in ogni diocesi, che promuove programmi per loro, di fede e di vita.

Hanno la possibilità di studiare e diplomarsi? C’è ancora analfabetismo?

Tra i cristiani penso che non ci sia più analfabetismo. Per esempio nella mia diocesi, il vescovo - quando arrivò nel 1981 - fece in modo che ogni parrocchia avesse la scuola. Iniziando dai piccoli e poi con le elementari, e così tutti ci vanno. Alcuni anni dopo, il Governo avviò la scuola primaria gratuita per tutti. Anche la scuola secondaria ora è obbligatoria, e chi frequenta quella statale paga, ma poco. Perciò tutti possono andarci, se ne hanno voglia. L’Università è invece a pagamento. Poi, tra quelli che hanno studiato ma non hanno il lavoro, alcuni cercano di ottenere una borsa di studio o di andarsene dal paese.

Ugwaka don Patrick e giovani parrocchiani
Don Patrick Ugwaka (al centro nella foto) con un gruppo di giovani parrocchiani

A proposito di chi scappa, in una tua precedente visita a Fossano dicevi che noi italiani non ci rendevamo neanche conto del lavaggio del cervello che viene fatto fin da piccoli dalla vostra tv, per spingervi ad andarvene. È ancora così?

La situazione non è cambiata. La pubblicità che ti spinge ad andare via c’è sempre. E poi quelli che se ne sono andati via tornano con la vita trasformata: hanno la macchina grossa, la casa, fanno investimenti... E così quelli che sono in Nigeria vogliono imitarli. Ma la via legale per realizzare il loro sogno non è possibile, quindi cercano un altro modo per scappare. Senza sapere cosa li aspetta, magari morendo nel mare o nel deserto. O finendo in prigione, senza che i genitori lo sappiano.

Le grandi compagnie internazionali danno lavoro nel paese, o si preoccupano soltanto di prendere e portare via le ricchezze?

La Nigeria è una nazione con oltre 200 milioni di abitanti, che cresce più dell’economia. Le compagnie straniere danno lavoro, ma, alla fine del mese, tanti non vengono pagati. E chi viene pagato non riceve abbastanza per fare progetti. Per esempio, per mandare a scuola i figli o procurarsi il necessario per vivere.

Poi c’è l’industria del petrolio, che viene gestita dal governo. Ma la distribuzione delle risorse è un grosso problema. Le zone dove viene estratto, soprattutto nel nord del Paese, restano molto povere, tanto che molte persone cercano di ribellarsi a questa situazione, magari rubando il petrolio, e chiedono: “Fateci partecipare a questa risorsa, che si trova proprio lì dove viviamo noi”.

La Nigeria vende petrolio per fare soldi, però al tempo stesso molte persone non possono più comprarlo e perciò non usano più l’auto... costa troppo!

Insomma, si sfruttano le risorse petrolifere senza ma non c’è una giusta redistribuzione dei profitti.

L’agricoltura è ancora una risorsa importante?

Sì, è un’attività praticata per sostentare le famiglie. Nel mio villaggio si vive anche di quello che si vende al mercato. Però, da otto anni circa, con un Presidente che proveniva dalla tribù dei Fulani - sono un’etnia nomade dedita alla pastorizia, in Nigeria vanno in giro con le loro mucche alla ricerca di cibo per farle mangiare - quello che viene coltivato viene rovinato. Una parte dei nigeriani sta cercando di difendersi, ma si registrano episodi di violenza. Così l’agricoltura si è notevolmente ridotta. Ci sono persone che sono ritornate dall’America e dall’Europa per investire nell’agricoltura, ma scoprono che le mucche hanno mangiato tutto! E comunque non va meglio se uno lavora per il Governo o nella scuola, perché non si viene pagati regolarmente. E lo stesso accade per quanto riguarda le pensioni.

Come Chiesa ricevete degli aiuti concreti dall’Occidente?

Sì, con le risorse che arrivano aiutiamo i giovani che non possono pagarsi la scuola o i seminaristi durante gli studi in Seminario.

Alcuni amici della diocesi di Fossano attraverso una sottoscrizione online hanno finanziato un piccolo impianto fotovoltaico, alimentato da quattro grosse batterie e installato nei mesi di marzo e aprile.  Funziona bene e ora in parrocchia abbiamo energia elettrica 24 ore su 24. Adesso sì che possiamo usare frigo e freezer senza problemi! Tanti mi hanno aiutato a realizzare questo progetto e voglio dire grazie a tutti, anche se non li conosco uno a uno. Lunedì 24 luglio abbiamo ringraziato il Signore con una messa in Cattedrale a Fossano. Da Fossano ho ricevuto aiuti anche per una bambina disabile che doveva subire un intervento.