8 settembre a Fossano: “L’ora che volge”

La Fedeltà Maresciallo Badoglio

Sono le 17 del 24 luglio 1943 quando i 28 membri del Gran Consiglio del Fascismo si riuniscono a Palazzo Venezia. È presente anche colui che ha guidato il Paese per due decadi, Benito Mussolini. La votazione sull’ordine del giorno - che prevede la sfiducia al capo del Governo - avviene alle 2,30 di notte. Mussolini è costretto ad abbandonare l’incarico ed il suo ruolo viene così assunto dal maresciallo Pietro Badoglio.

A Fossano la caduta del fascismo viene accolta con una gioia molto contenuta e di breve durata. Sporadiche sono le demolizioni di emblemi fascisti, inesistenti gli episodi di vendetta. Alla nuova e precaria situazione si intreccia la preoccupazione e l’ansia dei famigliari che in guerra hanno figli, padri, mariti.

Dalla vicina Cuneo, il 26 luglio 1943, dal balcone della sua abitazione (che affaccia sulla piazza che oggi porta il suo cognome), Duccio Galimberti prende la parola e con toni eloquenti preannuncia ciò che inizierà de facto il mese e mezzo successivo: “La guerra continua fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista, fino alla vittoria del popolo italiano che si ribella contro la tirannia mussoliniana”.

Nel settimanale diocesano ‘La Fedeltà’ - unico giornale cittadino sopravvissuto negli anni del fascismo e della Repubblica Sociale - nell’articolo del 28 luglio 1943 titolato L’ora che volge, il direttore Andrea Panero invoca la prudenza e l’obbedienza ai cittadini fossanesi: “Il potere legalmente costituito saprà punire inesorabilmente quanti hanno contribuito ad asservire l’Italia agli interessi di una fazione ed a portarla sull’orlo della rovina. A noi tocca attendere ed obbedire. E frenare i nervi... Per poter salvare l’Italia”.

Poco più di un mese dopo, il 3 settembre, a Cassibile, presso Siracusa, il re Vittorio Emanuele III sigla segretamente l’Armistizio con gli Alleati e l’8 settembre lo dirama al popolo italiano. Queste le sue parole: “Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.

Il proclama del re crea all’interno della Penisola un contesto inaspettato: la società si trova hic et nunc disaggregata al suo interno, i pericoli si amplificano e la sensazione di sollievo generata dal pensiero che la guerra fosse finita si trasforma in impotenza nei riguardi degli eventi in atto.

Le conseguenze dell’annuncio non si fanno attendere. Di quanto accade a Fossano la sera dell’8 settembre e nei due giorni seguenti non si ha documentazione, si è però a conoscenza di ciò che avviene l’11 settembre. Il copione fossanese non si discosta molto da ciò che succede bene o male in tutta Italia: i primi soldati tedeschi che giungono in città trovano le cinque caserme fossanesi - “Acaia”, “Piave”, “Casermette”, “Bava”, “Umberto I” - vuote, e gli oggetti che prima erano al loro interno - come armi, munizioni, coperte - scomparsi. I militari, abbandonando questi luoghi, portano con sé tutto ciò che possa loro servire.

Il 17 settembre, il podestà Giuseppe Rattalino - colui che amministra il Comune fossanese - richiama i cittadini “alla calma, alla perfetta disciplina, e soprattutto all’assoluta obbedienza agli ordini che saranno emanati”, affermando che “qualsiasi infrazione o tentativo di turbar l’ordine pubblico sarà inesorabilmente stroncato”. Termina la dichiarazione esortando: “Chiunque sia entrato in possesso in questi ultimi giorni di materiale militare è tenuto a consegnarlo subito alla Caserma Bava o alla Caserma dei Reali Carabinieri”.

A quest’obbligo - che si ebbe a Fossano e in tutta Italia - non sottostanno molti degli uomini italiani. Queste armi e queste munizioni servono a dare energia e forza a chi, costretto al silenzio per due decenni, ora può finalmente reagire alla dittatura.

Gli uomini e le donne sono pronti a dare inizio alla storia di una nuova Italia, alla storia di una nuova fase... La fase della Resistenza.

Giulia Arduino