Beato Oddino, così lontano così vicino (1ª parte)

beato Oddino Barotti
Santuario di Cussanio, facciata: l'unica statua esistente in diocesi del beato Oddino

Più di 600 anni ci separano da lui, ma forse avrebbe ancora qualcosa da dire ai suoi concittadini, sacerdoti e laici, per il modo eroico con cui ha vissuto la fede, riuscendo poi a concretizzarla in opere di carità. Oggi è sconosciuto ai più e neppur tanto venerato dalla Chiesa fossanese, eppure una “Vita” di inizio Ottocento lo definisce “usato (cioè abituato ndr) sin dal mille quattrocento ad esaudire voti”, mentre attesta, avendo l’autore vistolo ancora con i suoi occhi, che i fossanesi erano soliti “a portare doni, e tavolette votive in testimonianza di grazie ottenute” alla sua tomba, segno di una devozione viva anche se non completamente disinteressata. Testimonianza avvalorata dal fatto che la piccola pubblicazione, stampata nel 1809 e a firma di Giuseppe Muratori, risulta redatta con i crismi della “biografia critica”, tanto da far ritenere che nella sua versione manoscritta sia servita ad accompagnare a Roma il plico della causa di beatificazione da presentare alla Congregazione dei Riti (da cui all’epoca dipendevano le Cause dei Santi).

Parliamo così questa settimana del beato Oddino Barotti, che affonda le sue radici familiari nella parte più antica di Fossano, dove, in via Garibaldi, ancora si indica la casa in cui avrebbe visto la luce, nel 1344, e la chiesa di San Giorgio dove è stato battezzato. Nobili (o almeno aristocratici) i suoi natali, che non gli impediscono, una volta sacerdote, di compiere scelte radicali e controcorrente. È ancora soltanto suddiacono quando viene eletto Rettore della chiesa di San Giovanni nonché Canonico della Collegiata, e il vescovo, nel provvedimento di nomina, si sente in dovere di precisare che trattasi di un’eccezione che tiene conto delle virtù del diretto interessato e principalmente “della prudenza e dell’onestà”. Quest’ultima, poi, è davvero così nota a tutti, che anche i Savoia lo considereranno sempre loro unico intermediario quando dispongono le loro elargizioni per i poveri di Fossano, ben sapendo che nulla di quanto da essi donato si attacca alle sue mani. Ordinato prete a inizio settembre 1367 con relativa dispensa per la sua giovane età, prende subito possesso della parrocchia cui è stato inviato ed alla quale rinuncia sette anni dopo per diventare “preposito” (più semplicemente “parroco”) della Collegiata di San Giovenale, cioè l’attuale cattedrale, che all’epoca era la più popolosa e importante parrocchia della città.

Nessun biografo è riuscito a capire fino in fondo i motivi per cui Oddino, ad un certo punto, neppur quattro anni dopo questa nomina, molla tutto. Gli spunti che vengono offerti riconducono essenzialmente a due filoni interpretativi, il primo dei quali, di natura più devozionale, lo metterebbe in relazione alla sua intensa spiritualità, al suo carattere penitente e austero, alla sua inclinazione naturale per gli “ordini mendicanti”, che in effetti lo porterà ad un certo punto della sua vita ad aderire al Terz’Ordine Francescano. Il secondo, invece, storicamente attestato e dettagliatamente comprovato dal Muratori, prende in considerazione il travagliato periodo ecclesiale in cui vive Oddino, caratterizzato dalla contemporanea presenza di due papi sul soglio pontificio. Anch’egli infatti, come ogni buon cristiano suo contemporaneo, non può fare a meno di sentirsi interiormente lacerato dalla situazione venutasi a creare dopo che a papa Urbano VI, “legittimamente eletto in Roma ai 9 d'aprile del 1378”, si contrappone a settembre dello stesso anno, ad Avignone, “un altro Pontefice anch'esso dicentesi Sommo, e legittimamente eletto” che prende il nome di Clemente VII. È dunque l’impossibilità di scegliere da che “parte” stare, forse (perché no?) le difficoltà incontrate nel tentativo di coniugare l’imperativo della propria coscienza e la comunione (che per un parroco dovrebbe essere imprescindibile) con il proprio vescovo, che invece parteggia per l’antipapa, fatto sta che dall’oggi al domani Oddino si ritira da ogni pubblico incarico, dandosi ad una vita di penitenza e di preghiera, avendo così anche più tempo per intercedere la fine di quello che passerà alla storia come lo scisma d’Occidente.

(1-continua)