MARCO PIERRE WHITE

(Leeds GB 1961)Tre stelle Michelin

White è il terzo ragazzo dei quattro figli nati dal cuoco inglese Frank White e da Maria Rosa Gallina, un'italiana andata nel Regno unito per imparare l'inglese. Il giovane Pierre ha un carattere piuttosto difficile e particolarmente vivace. Lascia il liceo di Leeds senza diplomarsi e a 16 anni parte per Londra con 7 sterline e mezza, alcuni libri e una borsa di vestiti. Inizia la sua formazione da piccolo cuoco con Albert e Michel Roux a Le Gavroce. Durante l'apprendistato, Albert Roux battezza White col nomignolo di “My little bunny” (il mio coniglietto). A seguire passa alle dipendenze di Pierre Koffman a La Tante Clair che attualmente è di proprietà di Gordon Ramsey. Le sue capacità in cucina sono subito evidenti.  Il suo primo ristorante, "The Canteen" poco più che una brasserie, lo apre in società con l' attore Michael Caine. Nel 1987 White inaugura Harwey in Wandsworth Common a Londra ( ora sede di Chez Bruce ) dove guadagna la sua prima stella Michelin, nel 1988 la seconda e con il Marco Pierre White presso l'ex Hyde Park Hotel ( ora Mandarin Oriental ) la terza stella. A 33 anni diventa così il primo britannico ad avere il massimo riconoscimento dalla guida culinaria francese, anche se in seguito sarà poi battuto nel record da altri importanti cuochi come Heinz Winkler a 32 anni  e da Massimiliano Alajamo a 28.Così, nel paese che "conosceva cento regole diverse di stare a tavola e una sola salsa", il giovane chef riesce a portare una ventata di temperamento e di stile, aprendo la strada a un' intera generazione di cuochi trasformati in artisti e pagati come pop-star, da Jean Christophe Novelli a Gordon Ramsay, tutti suoi allievi. Il “ragazzo maledetto”, sempre in preda a raptus creativi, trova il modo di soddisfare il palato di una Londra piena di soldi e in cerca di modi sofisticati per spenderli. La sua favola di “Cenerentolo”, trasformatosi successivamente in acclamato milionario, ne ha fatto un idolo sempre al centro delle cronache, conquistandogli perfino un' intervista di dieci pagine sul "New Yorker", di solito riservate ai letterati e ai filosofi. Con l'arte Marco ha sempre civettato. E' riuscito a meravigliare i critici dei quotidiani, con il suo repertorio di stampo francese, ma spingendolo agli estremi, innovandolo con un'arditezza molto personale. "Nouvelle cuisine" allo stato puro, con una cura ossessiva dei dettagli, che lo porta perfino a indicare sul menu le date di creazione di ogni singolo piatto, e che il critico del "Times" definì "appassionata come una lettera d' amore". Fu lui a scambiare i pannelli di legno dei vecchi ristoranti inglesi in stile vittoriano con pareti bianche, arredamento minimalista e collezioni d' arte contemporanea. Aprì anche un locale, "Quo Vadis", in società con Damien Hirst, il più acclamato artista concettuale della scuola dei "giovani inglesi". Collaborazione che terminò qualche anno dopo con una lite in tribunale, perché Marco decise di sostituire la testa di vitello in formaldeide sotto vetro, orgoglio dell'arte di Hirst, con sue personali creazioni:sosteneva che i clienti non riuscivano a mangiare di fronte a un tale macabro reperto. Non che Marco avesse grande considerazione per gli avventori, che era solito chiamarli "brutti fottuti bastardi". Diventò famoso nel jet set londinese quando cominciò a buttar fuori dalla porta tutti coloro che pensavano di essere semplicemente andati a mangiare, e non ad adorare la sua arte, che scambiavano un tempio per un "fast food". Schioccare le dita a un cameriere oppure ordinare una bistecca ben cotta erano peccati capitali, puniti con l' espulsione. "Divenni come un serial killer - racconta - una volta cacciato il primo, non riuscivo più a frenarmi. Una volta ordinai a un gruppo di persone di andarsene e un giudice, seduto al tavolo vicino, voleva fare da paciere, sostenendo che non avevano fatto niente di male. Va bene - gli dissi - se la pensi così puoi andare a farti fottere anche tu. Nella mia serata di miglior forma, ne cacciai via 54". La "chattering class", la classe che chiacchiera e che viaggia in Jaguar o Rolls Royce, non aspettava niente di meglio che vivere un' esperienza masochistica, sottomettendosi ai voleri di questo ragazzone con l' aria da boxer, una specie di Depardieu più giovane e bello. Anche la sua vita sentimentale è altrettanto burrascosa con tre matrimoni e altrettanti divorzi e tantissimi figli. Memorabile fu quando, ancora in luna di miele, disse alla moglie “non ti amo più!” e corse immediatamente a fare pesca di altura sull'oceano, passione che coltiva ancora ora oggi. Nel 1999 la svolta clamorosa, White abbandona il mestiere di chef con l'ultima cena nella notte di Natale all' Oak Room dell' Hotel Meridien. La Londra che conta fece a botte per conquistarsi un tavolo, e partecipare allo storico evento. L' "enfant terrible" della gastronomia inglese a 37 anni, appendette  il mestolo al chiodo, se ne andò in pensione, concludendo una carriera piena di gloria e carica di danaro: Marco Pierre White è oggi un marchio, quotabile in Borsa, con un patrimonio valutato intorno ad alcuni milioni di sterline. Non assaggeremo dunque mai più le invenzioni del “Pinturicchio” della cucina, che una madre italiana aveva prestato al paese più indifferente al mangiar bene. White  a questo punto diventa ristoratore aprendo locali e partecipa a numerose trasmissioni televisive come il Masterchef Australia. Pubblica libri, tra i quali “White Heat” molto influente nel mondo della cucina, un'autobiografia intitolata “The devil in the Kitchen”, della quale il famoso regista Ridley Scott ha già acquistato i diritti editoriali per farci un film e “Wild Food From Land and Sea”, mentre continua a coltivare i suoi numerosi hobbies. Questo vulcanico, irascibile e vivacissimo chef è anche un volto molto noto al pubblico italiano, appare infatti in uno spot che pubblicizza un dado vegetale. Alla casalinga alla quale chiede con fare dolce e bonario se il brodo con questo ingrediente è migliore del suo, difficilmente lo si può immaginare come lo chef buttafuori di clienti che non gli andavano a genio oppure quello che stracciava a coltellate i vestiti di un suo assistente che non lo assecondava in cucina. Il “bullone” ha finalmente trovato il suo dado.