Marianna Amico Roxas

 Testimoni del Risorto 24.06.2015

È quella che si può definire “un buon partito”. Di condizioni familiari più che agiate, è colta, raffinata, eclettica: parla e scrive correttamente il francese, conosce la musica, sa suonare il piano, andare a cavallo, dipingere e ricamare. Nata nel 1883 a San Cataldo (Caltanissetta), unica femmina in una nidiata di otto figli, ha avuto la possibilità di perfezionare la sua cultura al pari dei maschi di famiglia, ad Acireale, a Palermo e poi addirittura a Napoli. Peccato, per i pretendenti alla sua mano, che abbia “strani” gusti e che dimostri troppa simpatia per le suore “bocconiste”, cioè il ramo femminile dei Missionari Servi dei Poveri fondati dal beato Cusmano, la cui opera di assistenza è stata popolarmente ribattezzata “Boccone del povero”. Una simpatia per niente condivisa dalla famiglia, che oppone un netto rifiuto alla vocazione di Marianna, che invece di piangersi addosso cerca subito di far di necessità virtù; perché se son riusciti a tarpar le ali sul nascere alla sua vocazione, i familiari non riusciranno mai a condizionarne pensieri e sentimenti e neppure ad impedirle “di avere un desiderio solo: fare ciò che Dio vuole e come lo vuole”, dato che “Gesù tutto dispone per il nostro bene quando è per la sua gloria”. Un aiuto insperato le arriva infatti da un parente per linea materna, tal Alberto Vassallo, futuro nunzio apostolico, ma già prete d’avanguardia, che ha avuto in simpatia le spinte innovative di Leone XIII. Probabilmente perché convinto dell’autenticità di quella vocazione che non decolla per motivi familiari, il saggio prete favorisce un incontro tra Marianna e la Compagnia di S. Orsola, vecchia di quasi 4 secoli e molto attiva specialmente in Lombardia, dov’è stata fondata da Sant’Angela Merici, ma ancora sconosciuta in Sicilia. È persuaso, infatti, che ben si attagli ad un’anima generosa come Marianna, ormai quasi trentenne, questa forma di consacrazione “nel mondo”, che le consenta di continuare a stare in famiglia, senza l’obbligo cioè della vita comune e dell’abito religioso, spingendola nel contempo verso un’intensa attività caritativa e catechistica cui sembra decisamente portata. Ed è così che avviene l’incontro tra Marianna e Giulia Vismara, superiora delle Orsoline di Milano, in visita a Palermo nei primi mesi del 1912, in conseguenza del quale a maggio la Compagnia mette radici in Sicilia. Subito le “orsoline” sono richiestissime e “cercate come il pane”; le comunità si espandono a macchia d’olio, malgrado alcune incomprensioni iniziali con il clero e le pur inevitabili scosse di assestamento nel tessuto parrocchiale, perché è sotto gli occhi di tutti il bene immenso che queste consacrate riescono a promuovere. Marianna, che fin dall’inizio ha avuto compiti di responsabilità, finisce con l’assumere il ruolo di madre spirituale e maestra di formazione delle consorelle. Con le parole, certo, ma soprattutto con l’esempio, che si riflette nel suo stile di vita e nei suoi gesti quotidiani: attingendo generosamente dalle proprie tasche per procurare il “pane di Sant’Antonio” ai poveri della parrocchia; rinunciando spontaneamente a tutte le sue proprietà di famiglia a favore dei fratelli e adottando un abbigliamento semplice ed umile; scegliendo sempre la terza classe del treno per i suoi spostamenti da una consorella all’altra da un capo all’altro della Sicilia. La sua consacrazione non è un ripiego o una compensazione per la mancata consacrazione religiosa, piuttosto una scelta di vita, la sua unione sponsale con Gesù e la strada della sua santificazione. Nel “pellegrinaggio della carità” di casa in casa per la catechesi degli adulti a domicilio, che serve anche a individuare bisogni e situazioni di emergenza, Marianna è sempre in prima linea, malgrado la sua salute fragile, fino a che le forze la sostengono. Poi arriva un cancro intestinale, contro il quale non ci sono rimedi, mentre lei ripete: “Il Signore ci lavora in tutte le maniere, ma l’anima ne resta fortificata e il dolore non fa che purificarci ed elevarci a Dio sommo nostro amore”. Muore completamente consumata dal suo male il 24 giugno 1947 e di Marianna Amico Roxas la gente, che già la considera santa, testimonia che “il solo guardarla rasserenava l’anima e che quando lei camminava anche la sua ombra dava buon esempio”. Pure la Chiesa sembra essere dello stesso parere: il 19 dicembre 2011 l’ha proclamata venerabile e forse tra non molto la metterà sugli altari.