Papa Luciani – 3

Testimoni del Risorto 06.12.2017

Non era ancora arrivato, ai... Si è parlato relativamente poco dei radicali cambiamenti al protocollo pontificio che papa Luciani riesce ad introdurre fin dai momenti successivi all’elezione. Pochi sanno, ad esempio, che è il primo a voler parlare alla folla dopo la proclamazione e se vi rinuncia è solo perché gli viene fatto notare che non rientra nella consuetudine; è il prima papa a non lasciarsi “incoronare” e ad abolire il termine “intronizzazione”, preferendo una più sobria cerimonia di “inizio pontificato” e con una messa, per la prima volta celebrata in piazza; rifiuta trono e sedia gestatoria, smette di usare il “noi” e per esprimersi passa direttamente all’”io”. È legittimo chiedersi fin dove si sarebbe spinta la sua innovazione ed a quanti cambiamenti ancora ci saremmo dovuti abituare se soltanto avesse avuto il tempo di maggiormente dispiegare il suo pontificato. Ci son voluti ben 35 anni per accorgersi di quanto del Bergoglio-papa è anticipato nello stile e nel pensiero dal Luciani-papa e quanto di quest’ultimo si rispecchia nel primo. Si tratta, evidentemente, di suggestioni, similitudini ed affinità, perché lo Spirito, che brilla per l’originalità e l’unicità di ogni singola creatura, non scade certamente nella banalità di papi fatti in serie. Chi però avesse pensato che con l’elezione al pontificato avrebbe mutato il suo stile omiletico, si sarebbe certamente sbagliato di grosso. Uno come lui, che aveva studiato e che per parlare di buonumore avrebbe tranquillamente potuto usare la parola eutrapelìa, secondo la testimonianza della nipote, continua a fare uso del linguaggio comune per farsi capire da tutti, anche se così facendo incontra i taglienti giudizi dei media che lo definiscono “parroco di campagna” e “contadino semianalfabeta”. L’eutrapelìa (cioè il buonumore) non è solo la decima virtù del cristiano secondo Dante, ma anche la virtù più appariscente di Luciani, che recita Trilussa, cita aneddoti, scherza con i bambini e, soprattutto, sorride a tutti, tanto che la definizione di lui più azzeccata è senz’altro quella di “papa del sorriso”. Fa largo uso della “medicina della misericordia”, già evocata da papa Roncalli e da questi lasciata come eredità del Concilio, ma di suo aggiunge un patrimonio di tenerezza, che pur presente in abbondanza nei Testi sacri, in effetti la Chiesa ha perso per strada. “Quando parlo da solo a Dio e alla Madonna, più che adulto, preferisco sentirmi fanciullo. La mitria, lo zucchetto, l’anello scompaiono; mando in vacanza l’adulto e anche il vescovo, per abbandonarmi alla tenerezza spontanea, che ha un bambino davanti a papà e mamma”, aveva detto in tempi non sospetti ai tempi di Vittorio Veneto. Adesso, da papa, scandalizza mezzo mondo e fa storcere il naso a fior di teologi, affermando che “”Dio ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E’ papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti”. La morte gli concede il tempo di sole quattro udienze generali, ma dal tema scelto per ognuna si potrebbe delineare quasi un programma di pontificato. La prima, infatti, è dedicata all’umiltà, la virtù in lui dominante ed alla quale ha improntato i suoi primi gesti da papa e anche i successivi, se ne avesse avuto il tempo; la seconda è dedicata alla fede ed in essa c’è spazio per la poesia di Trilussa; nella terza parla della “iucunditas”, cioè della gioia cristiana che in lui brilla in modo particolare; nella quarta tratta il tema della carità e non è certo un caso che le sue ultime parole pronunciate in pubblico siano proprio “Che io vi ami sempre più”. Il mattino dopo, 28 settembre 1978, papa Luciani viene rinvenuto cadavere nel suo letto per una morte inattesa, istantanea e fulminea, deducendolo dalla posizione perfettamente composta in cui si trova. Non certo per la morte in sé, ma per la fumettistica sull’evento alimentata da certa stampa, si sviluppa un giallo durato quasi 40 anni, che ha ritardato l’inizio e contribuito alla durata del processo canonico per la canonizzazione. Forse è stato un bene, perché questo lasso di tempo ha contribuito a fare piena luce sulla sua vicenda umana e spirituale, sfrondandola da tutta l’aneddotica che, non sempre a fin di bene, molte volte fa rima con falsità storica. Il 7 novembre è arrivato il decreto sulla sua venerabilità, mentre già sono state esaminate due guarigioni inspiegabili (una delle quali avvenuta a Buenos Aires) ottenute per sua intercessione che potrebbero aprire la strada alla sua non lontana beatificazione.
(3 - fine)