Vangelo della Quaresima 3 – Esprimersi con verve o sbraitare

3ª Domenica Quaresima 2021

Crocifisso
foto SIR

“Abbassa la voce, non mi sembra il caso che usi questo tono!” è un invito che ci è capitato di fare a chi ci parlava, oppure che ci siamo sentiti rivolgere da chi ci stava di fronte, quando l’intensità del dialogo rischiava di oltrepassare la normale soglia del confronto tra persone con idee differenti, rischiando di trasformarsi in uno scontro. Capita, ogni tanto, agli umani di infervorarsi su temi in cui credono tenacemente, sorprendersi di come le proprie convinzioni non siano già evidenti e condivise da tutti e, di conseguenza, rimarcare la verità delle proprie tesi non tanto ampliando la varietà delle argomentazioni, ma semplicemente sbraitando. La linea di confine è sottile, ma c’è differenza tra urlare e alzare la voce: il grido attira l’attenzione di chi si ha intorno, prende la forma di uno slogan di poche e facili parole da ricordare, eccita chi lo pronuncia e semplifica ogni questione. Nelle campagne elettorali e nelle crisi di Governo si possono trovare ottimi esempi bipartisan a questo proposito. Un conto, però, è gridare per affermare la propria ragione, altra cosa è alzare la voce per mostrarla. Questo secondo atteggiamento è tipico delle persone appassionate che, per esprimere ciò di cui sono convinte, mettono anima e corpo nel loro dire, in modo che l’interlocutore ne resti colpito e affascinato, e possa avere elementi per formarsi un’opinione.

Nel Vangelo di domenica si racconta un episodio dove una convinzione di Gesù, forse quella fondamentale, è detta decisamente “ad alta voce” dal Maestro: raccontare la differenza che passa tra un Dio “mercante in fiera” e un Dio “solamente affidabile”. È un tema che davvero gli sta a cuore e gli scalda l’anima tant’è vero che, nel Tempio, non esita ad alzare la voce in faccia ai venditori di buoi, di pecore e di colombe, e poi ai cambiamonete e ai giudei. Dice essere una premessa irrinunciabile per rapportarsi con Dio e per vivere e, pertanto, sente la necessità di rimuovere prontamente tutto ciò che può sembrare equivoco in quell’ambiente, venditori o acquirenti che siano, ma anche ribaltare banchi, tavole e sgabelli. È un cambiamento di prospettiva per ottenere il quale non esita ad infrangere il galateo, in quanto di difficile sradicamento da mente e cuore dell’uomo, specialmente quello religioso, di ogni epoca. Quale? Non è a un Dio “bottegaio” che ci si deve rivolgere per barattare la buona riuscita della vita, ma occorre orientare lo sguardo e credere ad un Dio che Gesù convintamente dice essere fidato. Che tradotto vuol dire: “Ho la pretesa di indicarvi nel dono incondizionato di sé stessi, e non nel baratto di beni, preghiere o cortesie, il fondamento di una relazione felice con la vita e con Dio”. La Pasqua gli darà ragione. Quel giorno al Tempio, il Figlio dell’Onnipotente ha reso giustizia al volto del Dio cristiano, al quale stanno a cuore non le merci ma i corpi, cioè le storie di ciascuno di noi, qualunque esse siano e così come si presentano. Siamo il Suo “valore non negoziabile”: possiamo ben dirlo ad alta voce.

Paolo Tassinari