Odio che genera odio

Un manifesto - ovviamente abusivo - che compare per mano di ignoti, anche se è sufficiente una veloce ricerca in rete per capire la provenienza, e che viene posizionato in un posto non a caso, la panchina che ricorda le donne vittime di violenza, in un giorno non a caso, quello che ricorda la lotta contro tale violenza.
Un manifesto che, in realtà, dietro alla lotta per una giusta causa, la difesa per le donne, cela altro odio fomentando il razzismo in modo esplicito. Odio che genera altro odio. Non è successo solo a Fossano, dove il cartello è comparso su viale Mellano, e non è la prima volta che si vedono scritte, e manifesti che incitano all’odio razzista. E ogni volta che succede ci si pone la domanda, come giornale, se sia opportuno darne notizia amplificandone in questo modo la visibilità o piuttosto tacere nella speranza che venga rimosso velocemente.
Pubblicare e stigmatizzare (ovviamente) con il rischio che, in una società dell’immagine come quella in cui viviamo, le parole passino in secondo piano e il messaggio del cartello resti come seme di odio e magari attecchisca pure, o invece far finta di non aver visto nulla?
Abbiamo scelto una terza via: ne parliamo qui sull’edizione cartacea, nella speranza che i tempi più dilatati di questo tipo di lettura aiutino a riflettere su questi temi e su quanto sia importante disinnescare l’odio e non cercare facili e depistanti vendette. Evitiamo invece il patibolo dei social dove le scintille di odio innescano esplosioni difficilmente contenibili.