È giusto ricordare, nel primo centenario della Grande Guerra, i preti in grigio-verde. Il Piemonte è la Regione che ne annovera il più alto numero: 438 cappellani (366 diocesani, 72 religiosi) e 77 aiuto. In totale 515 su 2.624.
Tra questi un secolo fa - era il 16 settembre del 1916 - cadeva eroicamente sul monte Rombon in Slovenia, a soli 34 anni, don Francesco Bonavia, tenente cappellano Alpini. Nato a Cervere nel marzo del 1882, fu vicecurato nella parrocchia di Genola fino al 1915, anno in cui scelse di portare il suo servizio pastorale sul fronte a fianco del battaglione Borgo San Dalmazzo.
“Era il vero tipo di sacerdote buono e valoroso soldato. Seppe fare volontariamente il sacrificio della sua vita recandosi sul posto d’una azione molto importante sotto il fuoco incessante delle artiglierie nemiche, gridando ad alta voce che era pronto a portare l’opera sua a chiunque ne avesse bisogno. Era caritatevole con tutti e a tutti faceva del bene. Perciò da tutti era amato e stimato", scriveva, il 17 settembre del 1916, dalla zona di guerra, un amico e compagno d’armi all’arciprete di Genola (da La Fedeltà dell’11 ottobre 1916).
Sono trascorsi cento anni e purtroppo sembra che la memoria eroica di questo sacerdote morto nel pieno del servizio sia stata cancellata dal tempo. Pertanto abbiamo sentito il dovere di ricordare l’uomo, il sacerdote e il tenente morto eroicamente e così tanto amato ed elogiato da chi lo conobbe. Per non dimenticare la sua figura, e di quanti come lui morirono sotto il fuoco nemico, sarebbe bello che Genola e Cervere gli dedicassero una strada, una piazza, un giardino. Comunque un angolo della loro città per rinnovare il ricordo e non lasciare che il tempo lo cancelli per sempre.
Articolo su La Fedeltà in edicola mercoledì 7 dicembre