Bruno Testa “il gioiello”

Venti anni di calcio, ha giocato più di 500 partite segnando quasi 200 gol nei campionati dilettantistici

Testa Bruno miglior giocatore Torneo Massimino
Foto di repertorio

Una vita calcistica dedicata alla Fossanese, perché “non c’è niente di più bello dell’azzurro”. Abbiamo fatto un salto nei ricordi del pallone della nostra città, ravvivandoli con la memoria appassionata di Bruno Testa, detto “il gioiello”, che con la maglia azzurra ha vissuto più di vent’anni di vita, dagli esordi nei Pulcini all’ultima stagione, con la vittoria dell’Eccellenza 1995/96.

Bruno, che effetto fa ricordare la tua carriera?
Devo dire che è una grande emozione. È la prima volta che per un’intervista mi guardo alle spalle. Le memorie sono tante, così come le persone con cui ho scritto pagine importanti, sempre con la passione ad accompagnarmi.
Partiamo dall’inizio. Dopo la gavetta nel vivaio, ecco il debutto in prima squadra: ricordi?
Anno 1984, come faccio a dimenticarlo (ride, ndr)? Ero un giocatore degli Allievi Regionali, ma il tecnico di allora, il compianto Giovanni Bonacossa, mi gettò nella mischia a Santena, contro la Santenese. Avevo 17 anni, giocai una buona gara e vincemmo 1-0, con un gol procurato da un mio assist. Che bello!
Da lì, non ti sei più scollato di dosso la maglia azzurra, vestita per 12 stagioni…
Non potevo lasciarla, perché per me la Fossanese rappresentava un sogno. Ero cresciuto lì e ogni volta che potevo andavo allo stadio, sperando un giorno di essere io a giocare in quel campo. Furono anni bellissimi, con un’infinità di emozioni, vissute in tutte le categorie.
Il momento più difficile, probabilmente, fu il crollo fino alla 2ª Categoria. Perché scegliesti di restare?
Ammetto che qualche chiamata per giocare nei campionati superiori arrivò ma, appunto, la Fossanese era la mia realtà. Scendemmo fino alla Seconda Categoria, ma dopo la fusione con l’Acaja Fossano la risalita fu una vera riscossa. Vincemmo tre campionati, ritornando a quell’Eccellenza in cui credevamo di poter dire la nostra. Sono onesto: furono proprio quei campionati i più belli della mia carriera, perché legai con un gruppo d’oro, fatto di veri amici.
A Fossano segnasti quasi cento gol. Il più bello?
Quello realizzato a Viguzzolo, nell’Alessandrino. Giocai una grande partita, decidendola con una doppietta. Il secondo gol arrivò su punizione e, lo ammetto, fu davvero bello.
Nel 1995/96, lasciasti dopo la vittoria dell’Eccellenza, trasferendoti alla Cheraschese in Promozione. I motivi di quell’addio?
Chiedeteli ad altri (ride, ndr). Scherzi a parte, come detto, io non me ne sarei mai andato. Purtroppo, il calcio è fatto anche di decisioni altrui e, in quel caso, mi fu semplicemente comunicato che il mio nuovo campo di casa sarebbe stato quello di Cherasco. Peccato, perché avrei giocato volentieri in Serie D con quella maglia che avevo indossato anche in Seconda Categoria.
A Cherasco, comunque, furono annate altrettanto ricche di soddisfazioni…
Giocai cinque stagioni, segnando 72 reti complessive. La società era ambiziosa, sfiorammo subito l’Eccellenza, poi ci volle qualche anno per riprovarci, ma nel 2000/01 alla fine il grande salto arrivò. Con i “lupi” conobbi “Momo” Dogliani che, insieme a Mariano Grosso e Aurelio Seoni a Fossano, è stato l’allenatore con cui mi sono trovato meglio.
C’era ancora spazio per qualche gol: ricordi degli ultimi anni a Bene Vagienna e Dronero?
Con l’Augusta Benese trovai ancora la via della rete con continuità, anche se la condizione iniziava a non essere più quella dei bei tempi. Alla Pro, invece, mi accorsi che le motivazioni erano calate, dopo tante stagioni con il pallone tra i piedi. Scelsi allora di smettere a vent’anni esatti dal mio esordio tra i grandi.
Che calcio era quello in cui giocò Bruno Testa?
Un calcio vero, fatto soprattutto di passione. Credo che questa non manchi nemmeno oggi, ma in campo si vede un gioco diverso: i ragazzi di oggi hanno un dinamismo che a noi mancava, ma la qualità di un tempo non c’è più. Se penso a giocatori come Ezio Astrua, con cui avevo un feeling unico in campo, o Pierpaolo Rosatello, il miglior difensore con cui abbia mai giocato, mi rendo conto di quanto talento ci fosse anche nel calcio di provincia.
Un’ultima battuta: hai seguito le vicende degli ultimi giorni legati alla possibile nascita della Superlega?
Purtroppo sì, da tifoso juventino (ride, ndr). È stata una provocazione che non ho condiviso. Dire che “il calcio è della gente” è forse eccessivo, ma sicuramente un torneo immaginato escludendo le altre squadre per principio non avrebbe rappresentato la vera essenza dello spirito sportivo e della competizione.
c.c.

Il servizio su la Fedeltà di mercoledì 28 aprile 2021