“Tre di troppo” – “Un vizio di famiglia”

Tre Di Troppo Copia

TRE DI TROPPO
di Fabio De Luigi; con Fabio De Luigi, Virginia Raffaele, Fabio Balsamo, Marina Rocco, Barbara Chichiarelli, Italia, 2023, durata 90 minuti. 

Un’occasione persa, potremmo definirla così la prima regia di Fabio De Luigi. Un soggetto interessante, le fatiche e le gioie della genitorialità, affrontato innumerevoli volte al cinema e, spiace per De Luigi, spesso assai meglio di quanto abbia fatto l’attore e regista romagnolo (basti citare “Figli” di Giuseppe Bonito, su soggetto e sceneggiatura di Mattia Torre). Marco (Fabio De Luigi) e Giulia (Virginia Raffaele) sono un’affiatata coppia senza figli, bella casa, bella automobile, un buon lavoro per entrambi. Egocentrici quanto basta per sentirsi a loro agio nella società dei consumi, i due comprendono a fatica le ansie e le preoccupazioni dei loro amici, coppie con figli costantemente alle prese con le difficoltà dell’essere genitori nell’Italia di oggi. La (disastrosa) festa di compleanno della figlia di un amico rappresenterà per Marco e Giulia il punto di svolta perché, colpiti da una maledizione, i due vedranno la loro vita letteralmente stravolta dall’inaspettato arrivo di (ben) tre figli. 
Intensi e ben calati nei personaggi, sia De Luigi che Virginia Raffaele stentano però a dare corpo ad una storia che non decolla e che non sa decidere che registro narrativo scegliere, un po’ commedia con taglio sociale (sulle difficoltà dell’essere genitori oggi), un po’ ridanciana “gag’s collection”, il film smarrisce lungo il cammino il suo “fil rouge” e tutti i comprimari, dai bambini agli amici (a cominciare da un potenzialmente super esilarante Fabio Balsamo assolutamente poco e male utilizzato), finiscono per essere sotto impiegati nell’economia complessiva del racconto che scivola via senza lasciare traccia, tra qualche risate e più di uno sbadiglio. 

Un Vizio Di Famiglia

UN VIZIO DI FAMIGLIA
di Sébastien Marnier; con Laure Calamy, Doria Tillier, Dominique Blanc, Jacques Weber, Suzanne Clément, Francia, Canada, 2022, durata 125 minuti. 

“La verità avvelenata” è un acuto e stimolante saggio della filosofa Franca D’Agostini che calzerebbe a pennello come titolo dell’ultimo film di Sébastien Marnier più, e forse meglio, del titolo originale “L’origine del male” (decisamente troppo metafisico) e della traduzione italiana “Un vizio di famiglia”. Già, perché il film di questo tratta, della verità e dell’identità di ogni individuo, di chi siamo e di ciò che in base a questo gli altri pensano di noi. Attenzione però, perché Marnier declina il tema con il registro del thriller rendendo il discorso, sotto il profilo narrativo assai curioso e interessante poiché, nonostante una certa convenzionalità dello script il film, grazie al vigore degli interpreti, rivela nel complesso una sua apprezzabile intensità.
Stéphane è un’operaia, lavora in una fabbrica di confetture alimentari. È una donna semplice che spesso è stata presa a schiaffi dalla vita ma che conserva tuttavia un’innata energia. 
Un giorno, all’improvviso appare nella sua esistenza il padre Serge, che Stéphane non ha mai conosciuto davvero. Il padre è un ricco uomo d’affari che vive in una lussuosa villa sulla Costa Azzurra circondato da quattro donne dai tratti a dir poco vampireschi - una moglie eccentrica, una figlia odiosa e supponente che è già madre a sua volta, e una cameriera assai efficiente ma decisamente invadente. L’unica preoccupazione di madre e figlia sembra essere quella di accaparrarsi l’eredità del marito/padre e dunque l’arrivo in villa di una figlia fino a quel momento sconosciuta, scompagina i loro piani. Stéphane cercherà inutilmente di farsi apprezzare dalle donne di famiglia e dal padre e per costruirsi un ruolo e un’identità, ingenuamente comincerà a dire una bugia dietro l’altra, spacciandosi per ciò che in realtà non è. Va da sé che la montagna di menzogne di Stéphane finirà presto per crollare su se stessa, con esiti fatali e potremmo dire, almeno in parte inattesi. Ma inattesi da tutti.