La malattia, la solitudine

Malattia e solitudine. Cura della malattia e cura dell’ammalato e delle relazioni. Tutti elementi impossibili da scindere, e lo sappiamo benissimo. La malattia non è soltanto un malfunzionamento di una macchina, un sistema che si inceppa, e la cura non può essere pensata esclusivamente come “riparazione o sostituzione della parte non funzionante” senza l’attenzione alla persona. La persona “è” in quanto è in relazione con gli altri. Nel messaggio per la giornata mondiale del malato, il Papa torna con forza sull’importanza di non lasciare sola la persona, il malato soprattutto, in un mondo in cui la cultura della produttività e della performance genera una contro-cultura dello scarto. La ricerca e la medicina, allora, non possono essere davvero efficaci se parallelamente non c’è un’attenzione alla persona nel suo insieme. Chi ha sperimentato o sperimenta la malattia a volte, purtroppo, sperimenta anche la solitudine. Di fronte ad un sistema come ad esempio quello sanitario che non sempre è facile da comprendere, anche quando c’è e funziona. E capita che anche le persone a diretto contatto con il malato, i famigliari, vivano di riflesso la malattia e si sentano lasciati soli in un frangente che è di fragilità, insicurezza, incertezza. L’esperienza del Covid, che tendiamo a dimenticare, a nascondere in un cassetto da tenere chiuso se non addirittura a respingere, ci ha detto chiaramente quanto il sistema sanitario sia centrale nelle nostre vite e quando sia importante investire di più e meglio. Lo abbiamo sperimentato tutti, così come abbiamo sperimentato la solitudine. Cosa ci ha insegnato? Cos’è cambiato?