I calciatori e il Ramadan: “Una questione di spiritualità”

Il periodo a cavallo tra il mese di marzo e quello di aprile, in questo 2024, non coincide solo con le festività pasquali per il mondo a tradizione cristiana.

Per una specifica coincidenza temporale, infatti, queste settimane rappresentano anche il cuore del Ramadan, il mese cardine della religione islamica e della pratica musulmana.

Iniziato lo scorso 11 marzo, il cosiddetto “mese del digiuno”, che commemora la prima rivelazione del Corano a Maometto, richiede a tutti i fedeli musulmani di vivere quattro settimane di digiuno dall’alba al tramonto, di preghiera, meditazione e autodisciplina.

Tutti, compresi coloro che praticano attività sportiva e che, quindi, devono far coesistere l’attività fisica e l’astinenza da cibo e acqua. Una coabitazione non sempre facilissima, che riguarda da vicino anche il nostro territorio, essendo molti gli atleti di fede musulmana che praticano regolarmente il Ramadan.

“Il Ramadan è un mese sacro per noi musulmani,un momento di grande crescita spirituale in cui è molto importante rispettare le regole. Ciò significa avere disciplina e autocontrollo durante la giornata e per tutto il mese di Ramadan, astenendoci dal bere, dal mangiare e dalle varie tentazioni dall’alba al tramonto, cercando di perseguire le buone intenzioni.

Ormai sono tanti anni che lo pratico e sono abituato a farlo senza alcun problema, quest’anno più di tutti perché la giornata dura di meno rispetto agli anni passati” spiega Ahmed Hichri, goleador del Centallo nella Serie C1 di calcio a 5 e fresco di promozione in Serie B.

“Si mangia alle 4 del mattino e poi si resta a digiuno fino al tramontare del sole. È un piccolo cambio di routine, ma per il resto la mia giornata resta normalissima” - commenta Mohamed Bent Konate del Murazzo.

Cire Ndiaye del Trinità e Yasine Mohamed del Salice, invece, riconoscono la complessità del giocare sotto il sole: “Quando giochiamo in casa, sono le 18 e fa meno caldo. In trasferta, invece, spesso giochiamo in pieno giorno e ammetto che lì è più difficile” evidenzia Yasine.

“Io tendo a scendere in campo e a non pensarci, cercando di fare il mio senza alibi. A mancare è soprattutto l’acqua, ma è una questione mentale” gli fa eco Ndiaye.

Ma guai a pensare che tutto ciò sia un sacrificio: “Giocare in questo periodo non mi pesa, anzi mi carica ancora di più e mi motiva a dare il massimo per aiutare la squadra a raggiungere i nostri obiettivi” spiega Hichri. Un concetto ribadito anche da Konate: “Stanco? Tutto il contrario”.

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