C’è anche la Torino-Lione fra le centinaia di progetti che il 14 novembre l’Italia ha presentato a Bruxelles per rientrare nei finanziamenti previsti dal piano Juncker di 315 miliardi di investimenti. Se la richiesta dovesse essere accolta (probabile, dato che il piano predilige i progetti che coinvolgono più Paesi europei), all’Italia andrebbero circa 700 milioni di euro per la Tav. A proposito di soldi: si stanno placando le voci circolate nei giorni scorsi che parlavano di un sostanzioso aumento del costo complessivo dell’opera. Polemica nata dalla discordanza tra le cifre del progetto definitivo indicate da Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) e dal ministero (8,3 miliardi di euro) e quelle contenute nel Contratto di programma Rfi (Rete ferroviaria italiana) 2012-2016 (quasi 12 miliardi), firmato l’8 agosto dal ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, e dall’amministratore delegato di Fs (Ferrovie dello Stato italiane), Michele Elia. Stando a questi dati, l’Italia, su cui grava secondo il trattato Italia-Francia di due anni fa il 57,9% della spesa per i lavori, avrebbe dovuto garantire 6,9 miliardi di euro (40% dei quali coperti da fondi europei). Una differenza che aveva scatenato il panico tra gli addetti ai lavori, tanto da indurre addirittura il senatore Pd Stefano Esposito, da sempre convinto sostenitore della Tav, a sollevare dubbi sull’effettiva utilità dell’opera. A calmare gli animi è intervenuto Mario Virano, commissario del governo per la Torino-Lione, che in un’intervista rilasciata a “Il Sole 24 Ore” ha spiegato come la forte disparità di costi sia dovuta al fatto che, a partire dall’ammontare del progetto preliminare, è stato applicato, anno dopo anno, un tasso tendenziale di inflazione pari al 3,5%. Tasso che, però, attualmente è drasticamente più basso (l’Italia è quasi in deflazione) e, quindi, il rialzo delle cifre pare irrealistico. I conti insomma, almeno secondo Virano, tornano: la realizzazione della Torino-Lione costerà all’Italia 2,9 miliardi di euro, al netto del contributo europeo. Discorso chiuso? Sembra proprio di no, almeno in Val Susa. La Tav è una questione che continua a dividere, e anche all’interno del mondo cattolico le opinioni sono molteplici e articolate.
Cattolici per la Valle
Secondo Gabriella Tittonel, del gruppo “Cattolici per la Valle”, “queste incertezze dimostrano che la situazione sulla Tav continua a essere molto confusa. E nessuno ha idea di quanto potrà costare quest’opera. Opera che, ormai lo sanno anche le pietre, è assolutamente inutile: il traffico sulla tratta Torino-Lione non giustifica questo impiego di soldi e energie”. “Basta guardare - continua - la galleria inaugurata il mese scorso: ci hanno messo 10 anni per farla e nel frattempo tutta la Valle è stata invasa da una serie di polveri inquinanti. In Italia le infrastrutture costano di più e ci mettono più tempo a farle. È un problema di malaffare”. Il gruppo di cui fa parte Tittonel è nato tre anni fa, sollecitato dalle richieste di una presa di posizione da parte del mondo cattolico e ogni giorno si ritrova per pregare sul cantiere di Chiomonte: “Durante questi ritrovi - conclude - ci siamo accorti dell’enorme dispiego di forze dell’ordine che lo Stato impiega per difendere quest’opera. Loro, che sono lì per lavorare, non sono assolutamente dei ‘nemici’, anzi da un certo punto di vista sono vittime perché costretti a stare tutti il giorno in un posto pericoloso e nocivo. Il problema è ai piani alti, di chi gestisce il tutto”.
Polemiche eccessive
Più “sfumata” la posizione di Alessandro Ligas, della Caritas diocesana di Susa: “La questione del costo dell’opera forse è stata enfatizzata un po’ troppo. La cifra di 12 miliardi di cui si è parlato pare eccessiva, anche se la Tav non è un’opera che si concluderà a breve e, a meno di trovarci perennemente in deflazione, qualche piccolo aumento ci sarà. È una cosa normale”. “Ormai - sostiene Ligas - non ha senso pensare di fermare la Tav. Personalmente non mi definisco né ‘No Tav’ né ‘Pro Tav’, ma penso che nel momento in cui Stato, Europa e Commissioni decidono di fare un’opera e vengono stanziati i fondi, sia giusto farla”. “Capisco un po’ di sano scetticismo, ma se i nostri avi l’avessero pensata come noi, oggi non avremmo il Frejus. Nel resto del mondo riescono a fare queste opere, non capisco perché qui in Italia si debba fermare tutto”. “È sacrosanto, però, che i sindaci vigilino per difendere la salute del territorio e dei cittadini e che le istituzioni facciano di tutto per evitare pericolose infiltrazioni del malaffare”.
La messa al cantiere
Il 4 dicembre, intanto, nel cantiere di Chiomonte, don Michele Giulio, parroco di Salbertrand, ha celebrato la messa di santa Barbara sull’altare allestito in fondo alla galleria. Secondo il parroco di Almese don Silvio Bertolo, “fa piacere che un sacerdote valsusino sia stato invitato a celebrare questa Messa, anche se il fatto non deve essere interpretato come una netta presa di posizione: la celebrazione eucaristica ha un valore in sé, che va oltre l’accontentare un gruppo piuttosto che un altro”.