María Seiquer Gayá e Angel Romero Elorriaga

Testimoni del Risorto 15.07.2015

Le ammazzano il marito e lei non solo perdona gli assassini, ma cerca di salvarli dall’esecuzione, mentre si prende cura, nutre e assiste le loro mogli ed i loro figli. Si tratta, evidentemente, di eroismo puro che non a tutti è concesso e grazie anche al quale María Seiquer Gayá un giorno potrebbe essere beatificata. Nasce in Spagna (Murcia) il 12 aprile 1891 e nel 1914 si sposa con Angel Romero Elorriaga, un prestigioso otorinolaringoiatra che ha fama di essere un sant’uomo. Da questo matrimonio non nascono figli, ma la loro è una “coppia aperta”, che va in cerca dei bisogni degli altri, che fa carità, che si dedica gratuitamente all’assistenza e alla cura dei malati. Angelo nel 1931 si butta in politica: lo fa con il preciso scopo di “aiutare la Chiesa”, quando i repubblicani cominciano ad incendiare chiese e conventi. Non stupisce, quindi, che finisca nella lista nera dei reazionari nemici dello Stato e, come tale, incarcerato, sommariamente processato e condannato a morte nel 1936. Durante la detenzione Maria riesce a vederlo solo un paio di volte, l’ultima delle quali il 12 settembre: Angelo è straordinariamente sereno, forte, in grado di confortare e sostenere gli altri. “Credono di umiliarci, invece ci stanno esaltando. Non mi sono mai sentito così vicino a Gesù come in questo momento in cui sono trattato come lui”, sussurra alla moglie. Viene fucilato il giorno successivo e si fanno beffe del suo cadavere, trascinandolo e dileggiandolo per le strade. La diocesi di Cartagena, dal 2007, sta indagando se la morte di Angelo e di altri 61 uccisi in quel periodo possa essere ritenuta martirio e, di conseguenza, si possa procedere alla sua beatificazione. “Se non uccidono anche me entrerò in convento”, promette Maria a suo marito in quell’ultimo incontro: quasi un giuramento di fedeltà oltre la morte, che rivela il suo desiderio di donarsi totalmente a Gesù. Nei giorni successivi all’esecuzione di Angelo la sua casa viene saccheggiata, tutti i suoi beni confiscati e ripartiti come “bottino di guerra” tra i suoi assassini. Maria è costretta a cambiare città, si ritrova senza niente, deve riprendere tutto da capo; ricomincia allora dalla carità e dall’aiuto ai poveri, in cui si era esercitata con il marito. Provvidenziale si rivela per lei l’incontro con Amalia Martín de la Escalera: insieme danno vita, nel 1939, alla Congregazione delle Suore apostoliche di Cristo crocifisso, che attualmente conta poco più di 120 membri, presenti, oltre che in Spagna, in Mozambico e nelle zone più povere delle Americhe. Continuano ad educare ed accogliere la gioventù povera nelle aree rurali e nelle zone più abbandonate, a soccorrere i malati abbandonati, ad aiutare nelle parrocchie. Un servizio umile e prezioso da vivere, secondo il carisma della Congregazione, in una progressiva identificazione con il Cristo crocifisso, nello sforzo di assumere i suoi stessi sentimenti, specialmente l’amore, il perdono e la compassione per ogni miseria umana. E poiché dalla croce arrivano parole di perdono per i crocifissori “che non sanno quello che fanno”, finita la guerra civile Maria è interpellata in prima persona a mettere in pratica il perdono nei confronti degli assassini di suo marito. Così, mentre altre vedove, sue vicine di casa, cercano la vendetta e un giusto risarcimento del danno subito, lei va di casa in casa a offrire perdono a quanti si sono macchiati del sangue del suo Angelo. Non solo: accompagna ad una ad una le loro mogli davanti al giudice per implorare la loro assoluzione o, perlomeno, salvarli dall’esecuzione capitale. Per ciascuno trova le attenuanti, per ognuno ha parole di scuse, al limite si appella alle buone intenzioni o all’ignoranza con la quale, dice, costoro hanno agito. E riesce a salvare tutti gli esecutori materiali di quell’assassinio che aveva sconvolto la sua vita. Poi fa di più: si prende cura delle loro famiglie, dei loro bimbi, dei loro malati, perché i persecutori di ieri sono diventati i poveri di oggi. Anche se, entrando nelle loro case, ha la possibilità di riconoscere i mobili e gli oggetti trafugati in casa sua e questo, da solo, basterebbe per inchiodare queste persone alle loro responsabilità. Madre Seiquer muore il 17 luglio 1975, dopo una lunga e penosa malattia che ha reso un calvario i suoi ultimi anni. Il 6 dicembre 2014 il Papa ha riconosciuto il suo eroismo nella pratica delle virtù cristiane e, se arriverà il miracolo, avremo sugli altari la donna che ha avuto il coraggio di perdonare e aiutare gli assassini di suo marito.