Vie nuove per abitare il sociale

Se n’è discusso in un convegno della Pastorale sociale e del lavoro, partendo da esperienze concrete. Presentata, tra le altre, l’esperienza di Casal di Principe, nel Casertano: un territorio rinato grazie al riscatto della società civile

Essere presenti sui social network, partire dalle esperienze concrete (storytelling), decidere senza perdersi in discussioni infinite e in ideologismi... Sono queste le linee del seminario promosso dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei (“Nuove vie per abitare il sociale”) che si è svolto a inizio febbraio ad Abano Terme, in continuità con il convegno di Firenze.

Un convegno in cui il metodo si è fatto contenuto: l’intero convegno è stato trasmesso in streaming; ogni mattina è stata prevista una “lezione” sul funzionamento dei diversi social network; nel corso del convegno sono state raccontate, con il metodo dello storytelling (filmati dal ritmo veloce, molto efficaci); un metodo che parte dall’esperienza delle persone (in questo caso delle Comunità cristiane che operano sul territorio): esperienze che dimostrano come sia possibile “abitare il sociale” in modo efficace.

Le stesse decisioni sulle “linee guida” della Pastorale sociale per il triennio 2016-18 sono state assunte con il metodo della “democrazia deliberativa”, che ha consentito ai partecipanti di confrontarsi sulle questioni senza perdersi in discussioni infinite e inconcludenti.

Tra le esperienze presentate come possibili “vie nuove per abitare il sociale” quella di Casal di Principe dove, in seguito alla morte, per mano della camorra, di don Peppino Diana, la società civile ha comincito a organizzarsi e ora, attorno alle terre sottratte alla mafia, ruotano una trentina di organizzazioni, tra cui tre università, associazioni e un piccolo esercito di volontari che ogni anno trascorre le vacanze lavorando nei campi gestiti dalla cooperativa che dà lavoro a una cinquantina di persone e spezza la logica dei clan.