Medicina omeopatica? “Priva di fondamento scientifico”

Per Alberto Giovanni Ugazio, uno dei “padri” della pediatria italiana, il successo dell’omeopatia è legato al diffondersi di una sorta di “irrazionalismo antiscientifico” simile a quello di chi rifiuta le vaccinazioni

Medici di famiglia

“La nostra società sta precipitando sempre più verso l’irrazionalismo, una deriva che si rispecchia negli stili di vita e quindi anche nelle scelte terapeutiche”, dice al Sir senza giri di parole il professor Alberto Giovanni Ugazio, uno dei “padri” della pediatria italiana, immunologo e responsabile dell’Isba (Istituto per la salute del bambino e dell’adolescente) dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, mentre si infiamma il dibattito sull’efficacia della medicina omeopatica. In particolare dopo la morte drammatica del piccolo Francesco, il bimbo di sette anni deceduto il 27 maggio a Pesaro per le complicanze di un’otite batterica bilaterale trattata per quindici giorni con preparati omeopatici. I genitori e l’omeopata che lo seguiva e che ha rifiutato di prescrivergli una terapia antibiotica sono ora indagati per omicidio colposo. Sono circa 5 milioni gli italiani che fanno uso di farmaci omeopatici con un volume d’affari superiore a 300 milioni di euro.

Roberta Chersevani, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale ordini medici chirurghi e odontoiatri), sostiene che nel nostro Paese circa 20mila medici prescrivono terapie “non convenzionali” e richiama l’art. 15 del Codice di deontologia medica che recita fra l’altro: “Il medico può prescrivere e adottare, sotto la sua diretta responsabilità, sistemi e metodi di prevenzione, diagnosi e cura non convenzionali” ma “non deve sottrarre la persona assistita a trattamenti scientificamente fondati e di comprovata efficacia”. “Se c’è un’infiammazione forte dell’orecchio che si sa che può andare al cervello – ammonisce Chersevani -, acqua fresca no, terapia corretta sì. Nessuno può morire per una terapia non idonea; se è un bambino, ancora di più”.

“Non posso pronunciarmi su un caso del quale mi mancano elementi di certezza che verranno messi in luce dagli inquirenti – prosegue Ugazio -, ma certamente non posso che esprimere preoccupazione per la diffusione di una cultura, una sorta di Weltanschauung, che legata a crescente diffidenza nei confronti della scienza e della medicina, respinge in modo irrazionale ogni evidenza scientifica optando per prodotti che non contenendo alcun principio attivo non hanno alcuna efficacia”.

Professor Ugazio, ritiene che la medicina omeopatica sia priva di fondamento scientifico?

Sì, è come somministrare acqua fresca. Non è pericolosa come invece lo sono altre cure “alternative”, ma ha solo un effetto placebo, e non potrebbe essere diversamente.

Perché?

In sintesi, l’omeopatia si fonda sulla tesi secondo la quale somministrando in forma diluita e dinamizzata sostanze che possono provocare sintomi simili a quelli che vogliamo curare, queste stesse sostanze, stimolando la reazione dell’organismo, sono curative. Il punto è che per essere efficaci dovrebbero trovarsi ad alte concentrazioni; invece nei preparati omeopatici vengono talmente diluite che la stragrande maggioranza dei prodotti finali non contiene più traccia della molecola di partenza. Dunque nessun principio attivo.

Da pediatra di lungo corso, che cosa vorrebbe dire ai genitori?

Di agire con senso di responsabilità e buon senso. In piccoli disturbi marginali come una lieve sindrome influenzale l’omeopatia può aiutare ad alleviare i sintomi, tanto che nella letteratura anglosassone viene definita “complementary alternative medicine”, ma non deve escludere il ricorso a farmaci tradizionali in caso di necessità. Allo stesso tempo consiglio però i genitori di non esagerare con le medicine tradizionali: se la febbre non supera i 38 gradi ai bambini non bisognerebbe somministrare nulla.

Contro i “rischi” della medicina tradizionale oggi si assiste ad un “ritorno alla natura” e alle cure fai-da-te, incoraggiati anche da Internet…

Non bisogna avere timore dei farmaci “allopatici”: la medicina non è più quella di dieci anni fa. Ogni nuovo preparato è sottoposto a prove che ne testano efficacia e tossicità rispetto al precedente. Nella mia lunga professione ho visto innumerevoli bambini portati in ospedale dopo essere stati trattati in modo non risolutivo con rimedi omeopatici e purtroppo a volte con erbe. Solo il timore per l’aggravarsi delle loro condizioni induce i genitori ad accettare terapie tradizionali, escluse quando il figlio era sano. Questi stessi genitori sono per lo più quelli che rifiutano di far vaccinare i bambini anche se i vaccini sono l’intervento più efficace e sicuro per la prevenzione delle malattie infettive. Ma la prevenzione richiede un approccio razionale; è preoccupante l’irrazionalità antiscientifica che invece serpeggia nell’opinione pubblica perché è quella che può aprire la strada alla diffusione di metodi tipo Di Bella o Stamina…

Gli omeopati vengono percepiti molto più empatici dei medici “tradizionali” e con uno sguardo più “globale” sul paziente. Può essere un’ulteriore spiegazione del successo di questa pratica?

Probabilmente sì. Tranne che in ambito pediatrico, i medici sono spesso sbrigativi e portati a guardare più alla “parte” malata che non ad avere attenzione la persona nella sua totalità. Il paziente, soprattutto se colpito da grave malattia, ha bisogno di empatia oltre che di farmaci. Questo è un punto sul quale dovremmo interrogarci e riflettere. Occorre da parte nostra più “empatia” e più partecipazione del paziente alla pianificazione delle proprie cure. Un impegno che oggi sentiamo tutti ma anche un obiettivo dal quale siamo ancora lontani.