Virus che dividono, parole che uniscono

Il vangelo della 3ª domenica di Quaresima

Crocifisso
(foto Sir)

Tu che stai leggendo potresti essere un mio potenziale pericolo. Anche io che sto scrivendo potrei esserlo per te. Entrambi potremmo essere affetti dal virus, addirittura senza averne consapevolezza. Incubazione la chiamano i medici, ansia chi medico non è: potremmo essere nostro malgrado quegli untori di manzoniana memoria che diffondevano malattie non tanto alle persone cattive, quelle che un bel mal di pancia se lo meriterebbero eccome, quanto a chiunque resti al di sotto della soglia di un metro da noi. Potremmo esserlo come non potremmo: nel dubbio, lo siamo. Diventa necessario dunque evitare di incontrarci, perché questo nemico ha una caratteristica particolare: a qualcuno (speriamo nessuno) tocca il corpo, mentre a tutti incide nelle relazioni, e modifica il nostro modo di vivere all’insegna della “divisione” e della lontananza. Perfino la normale stretta di mano si deforma e, improvvisamente, da veicolo quotidiano di affetto diventa potenziale traghetto di infezione. E, stante questo contesto, anche per togliersi dall’imbarazzo, viene spontaneo uscire di casa per fare compere nelle ore in cui, probabilmente, incontreremmo poche persone.

Anche la donna samaritana che a mezzogiorno va ad attingere acqua al pozzo, sembra stia vivendo un periodo di quarantena; a quell’ora infatti, solo chi non voleva incontrare anima viva usciva di casa, perché il caldo era quasi insopportabile. Leggendo il Vangelo poi, sembra essere affetta dai virus dell’insopportabilità, dell’incapacità e dell’abbandono; “Hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito” le dirà Gesù a dialogo avviato. Chissà, forse era una donna giudicata “troppo pesante” da questi uomini dopo qualche tempo vissuto insieme, valutata come inadeguata al ruolo della moglie e che, per queste e altre nobili ragioni, era doveroso ad un certo punto abbandonare. Peccato però nulla si dica degli uomini, del loro modo di essere mariti, in una società che li voleva immuni da qualsivoglia responsabilità nel campo delle relazioni. È conveniente quindi alla samaritana non farsi vedere per strada quando escono tutti, in quanto le persone la giudicano affetta da una patologia degli affetti: la gente alla sua vista, avrebbe di che sparlare. Gesù invece non le parla addosso ma di fronte, seduto presso il pozzo, e le domanda da bere: Dio entra in relazione con chi le relazioni non può tessere per motivi sanitari, come noi oggi, o ne è giudicato incapace, come lei in quel tempo.

E, nel dialogo, Gesù fa prendere coscienza alla donna che il bisogno di idratazione di un corpo, in realtà è sempre desiderio di “acqua viva”, cioè sete di amore, di relazioni e di incontri che, se al momento si sono rivelati un fallimento, non per questo hanno decretato la sua rovina; se al momento devono essere interrotti, non per questo il loro anelito deve spegnersi. Al virus che divide, i cristiani resistono aggrappati alla Parola che li unisce, ascoltando la quale Gesù in persona, come alla samaritana, dice a ciascuno di loro: “Sono io, che parlo con te”.

Paolo Tassinari