Dal 24 aprile Ramadan in quarantena tra isolamento e preghiera in famiglia

Luoghi di incontro vuoti, niente pasto collettivo alla fine del digiuno. Almeno fino al 4 maggio

MUSSULMANI IN PREGHIERA
Foto SIR

In piena emergenza sanitaria globale, causata dalla pandemia del coronavirus, oltre un miliardo di musulmani celebrano il 23 aprile l’inizio del Ramadan, il nono mese lunare del calendario islamico (che dura 11 giorni in meno rispetto a quello solare, e non coincide con la numerazione occidentale, perché gli islamici iniziano a contare dal 622 d.C, cioè da quando Maometto lasciò La Mecca per fuggire a Medina. Per cui adesso, nel calendario musulmano, siamo nel 1441).
Il Ramadan è un mese sacro per tutti i fedeli di questa religione, in cui, secondo la tradizione, Maometto ricevette la rivelazione del Corano. Il suo inizio varia di alcune ore fra le diverse nazioni nel mondo, a seconda del momento in cui avviene l’avvistamento della luna crescente da parte degli esperti islamici. Si concluderà, quest’anno, la sera del 23 maggio con la festa di Eid al-Fitr, o comunque un mese dopo il suo inizio. È un periodo fondamentale, uno dei cinque pilastri (doveri) su cui si fonda la fede islamica, insieme alla recita quotidiana delle cinque preghiere, alla testimonianza di fede, al versamento dell’elemosina e al compimento, almeno una volta nella vita, del pellegrinaggio a La Mecca in Arabia Saudita.
È un tempo particolarmente dedicato al digiuno dal cibo, alla preghiera e all’autodisciplina: un obbligo per tutti i musulmani praticanti, adulti e sani, che non possono mangiare, bere, fumare o praticare sesso, dalle prime luci dell’alba fino al tramonto (ne sono invece esenti i bambini e le persone in condizioni fisiche non ottimali, quali anziani e malati, donne in gravidanza, allattamento o con mestruazioni). L’iftar è il pasto principale nell’arco delle 24 ore, che rompe il digiuno e si consuma alla sera, celebrato dopo aver recitato “la salat al Maghrib”, o preghiera del tramonto.
Sicuramente l’attuale incursione del Coronavirus ha sconvolto per la prima volta anche l’osservanza religiosa del Ramadan, che, in molte parti del mondo, si celebrerà in un contesto contraddistinto da luoghi di culto chiusi e serrate nei negozi, per timori di possibili difficoltà nel reperire le scorte alimentari. In molti paesi a prevalenza islamica le autorità hanno vietato o posto dei limiti all’accesso alle moschee. Per fronteggiare le restrizioni ai movimenti e alla vita sociale, comprese le cerimonie religiose, alcune organizzazioni musulmane hanno promosso seminari online e videoconferenze.

Il Ramadan a Fossano
A Fossano sono un centinaio i fedeli islamici che frequentano il Centro Assalam (in maggioranza marocchini e senegalesi), ubicato in due sedi cittadine. Luoghi, come abbiamo già scritto, non solo di preghiera, ma anche di incontro, soprattutto in questo particolare mese sacro del Ramadan. Di cui sentono il peso delle restrizioni, in seguito alle disposizioni dettate dall’emergenza sanitaria, anche se “tutti hanno accettato positivamente questa situazione. Quest’anno l’emergenza attuale ci ha spinto alla decisione di viverlo pregando ognuno a casa propria con le nostre famiglie - ci dice Abdelhadi Moujeahid, responsabile delle pubbliche relazioni del Centro di Fossano -. Si era pensato, in un primo momento, di incontrarsi anche via skype, seguendo la preghiera guidata dall’imam, ma poi gestirla non sarebbe stato facile. Speriamo di riuscire a farcela dal 4 maggio, se ci danno, non solo a noi, ma a tutti, la possibilità di aprire i luoghi religiosi. L’unico problema è che in questo mese di Ramadan noi ospitavamo la gente in difficoltà o chi è solo, non sposato, preparando i tavoli nella sede della nostra associazione e offrendo da mangiare gratis, con la possibilità di portarsi qualcosa a casa. E poi facendo insieme la preghiera propria di questo mese, che si chiama Tarawih”.
C’è stato dunque, anche per questi fedeli, un adattamento della tradizione alle difficoltà del momento attuale, cercando però di conservarla con tutte le pratiche e lo spirito che la contraddistingue. “Adesso”, aggiunge, “ci siamo divisi i compiti per portare, alle persone che erano venute in occasioni precedenti, il pasto del giorno o dei soldi per potersi comprare quello che vogliono; è questo infatti un momento di carità che va incontro anche alle loro necessità. E poi è consuetudine di questo periodo invitare le persone a casa. Per esempio, a me è capitato anche di invitare degli italiani, i miei vicini, a partecipare con noi, affinché conoscano le nostre tradizioni. Nel 26° giorno del Ramadan, inoltre, ci sarà l’elemosina (o zakat, in cui confluisce il 5% delle entrate di una persona), che daremo ai bisognosi. In questo momento non abbiamo ancora deciso se dare anche un aiuto per far fronte al Coronavirus (che abbiamo comunque appena versato la settimana scorsa). Ci siamo resi disponibili per interventi sociali, se ce ne fosse bisogno. Per il momento però non abbiamo avuto risposte”.
Chiediamo se in mezzo a tante restrizioni, ci siano anche aspetti più positivi o prettamente spirituali da recuperare o rilanciare di questa tradizione religiosa. “È proprio questo il mese in cui la nostra religione ci invita, prima di iniziarlo, a chiedere scusa se hai litigato con qualcuno, indipendentemente se a torto o ragione” la risposta. “È dunque un mese di perdono. Quest’anno, con il Coronavirus, stiamo dando al Ramadan un’altra connotazione positiva, quella di rinforzare i legami con la famiglia, essendo in molti a casa dal lavoro. Se di solito portavamo i nostri figli in associazione o moschea, dove c’è l’imam che guida, adesso vivremo un momento particolare di preghiera insieme a loro, li seguiremo e risponderemo anche alle domande che vorranno fare a noi (genitori)”.