Andrea “Babo” Ariaudo, il martello di Villafalletto

A tu per tu con il campione di pallavolo originario di Villafalletto

Andrea Ariaudo
Andrea Ariaudo con la maglietta n° 1

Se, per gioco, si provasse a fare un elenco di tutti i trofei vinti da sportivi nati a Fossano o nei paesi vicini, nel capitolo “pallavolo” uno spazio di primo piano lo troverebbe senza dubbio Andrea Ariaudo, per tutti “Babo”, che a suon di schiacciate ha portato il nome di Villafalletto prima sul tetto d’Italia assoluto con la Bre Banca Lannutti Cuneo e, poi, a vincere il tricolore anche nel campionato Csi. A poco più di dieci anni dal trionfo storico di Cuneo nella Serie A1 2009/10, abbiamo intervistato Andrea, per ricordare i passi principali della sua carriera, compresi i cinque anni passati a Fossano, tra il 2010 e il 2015.
Partiamo dall’inizio: quando e come nasce l’amore per la pallavolo?
Ho incontrato la pallavolo nei tornei itineranti di minivolley organizzati a Cuneo quando avevo sette anni. Dopo il primo anno a Villafalletto, mi sono subito trasferito nel capoluogo, che non ho praticamente più lasciato fino alla Serie A.
Più di quindici anni con la stessa maglia, quindi, con tante soddisfazioni nel settore giovanile cuneese, che all’epoca rappresentava un’eccellenza nel panorama nazionale. Qual è il tuo ricordo più bello?
Probabilmente la vittoria dello scudetto Under 17, a Squinzano, in Puglia, nei primi anni Duemila. In squadra avevamo già giocatori come Matteo Martino e Simone Parodi, che poi avrebbero dimostrato di essere delle stelle, ma in quelle finali erano infortunati. Sembravamo spacciati e invece, dopo una sconfitta iniziale, le abbiamo vinte tutte portando a casa un trofeo prestigiosissimo.
Ricordi, invece, l’esordio in prima squadra?
Non ci crederai, ma dovessi dirti l’anno esatto, forse, non lo ricordo (ride, ndr). Non dimentico, invece, il momento: eravamo in trasferta a Forlì e l’allora coach Silvano Prandi mi gettò nella mischia in battuta. Che emozione!.
Qualche anno dopo, sarebbe arrivato lo Scudetto…
Il giorno più bello di tutti. Io mi ero rotto il menisco proprio nella settimana che precedette il V-Day di Bologna, ma non mancai. Ero in prima fila al palazzetto e tifai come un pazzo. Festeggiare con i miei compagni, con i tifosi che ci spogliavano di tutto, fu qualcosa di straordinario. Seguivo la pallavolo a Cuneo da quando avevo quattro anni e quello era il coronamento di un lungo percorso.
Il giocatore più forte con cui hai giocato?
Non posso che dire Wout Wjismans, il capitano. In quegli anni era incontenibile e giocava sempre, anche quando sapeva di non essere al 100%. Un professionista esemplare.
Nella stagione successiva al trionfo di Bologna, ecco il tuo approdo a Fossano. Nella città degli Acaja hai poi giocato per cinque stagioni, togliendoti non poche soddisfazioni…
Ancora adesso, quando sento i miei compagni di allora, giungiamo sempre alla stessa conclusione: se le cose fossero andate diversamente, oggi forse saremmo ancora tutti a Fossano. Era un gruppo eccezionale e lo dimostrò sul campo: dopo un anno di transizione, vincemmo il campionato e ci collocammo ai vertici della B1. Forse saremmo stati anche in grado di vincerla, se non fosse finito tutto, ma i ricordi del palazzetto con quasi mille tifosi festanti non hanno prezzo.
Dopo Fossano sembrava tutto finito e invece riecco Andrea Ariaudo campione d’Italia con il Villafalletto in Csi. Che percorso fu quello?
Avevo scelto di smettere, anche perché il mio lavoro è impegnativo, ma quando i miei amici di una vita mi hanno chiamato non ho potuto resistere. Siamo partiti quasi per gioco e abbiamo finito vincendo tutto: campionato provinciale, regionale, Coppa Piemonte e, soprattutto, titolo nazionale a Montecatini Terme, superando in finale Roma. Una finale Villafalletto-Roma credo non si fosse mai vista nella storia (ride, ndr).
La tua carriera, almeno per il momento, è poi proseguita con due stagioni a Cuneo da capitano, prima di sposare il progetto di Racconigi in questo 2020/21 frenato dal Covid-19. Non ti sei mai pentito di aver lasciato la pallavolo di Serie A da giovanissimo?
Quando vincemmo lo scudetto avevo quasi 23 anni e diverse offerte per andare a giocare in Serie A2 qua e là in Italia. Io credo che ognuno di noi sappia perfettamente quali sono le proprie capacità: avrei potuto decidere di “vivacchiare” nella seconda categoria nazionale, percorrendo lo Stivale in lungo e in largo, nella migliore delle ipotesi. Avevo già visto amici che avevano scelto un percorso simile e che stavano faticando, anche perché dalla Serie A2 in giù di sola pallavolo non si vive. Ho scelto, quindi, di dedicarmi alla mia passione, ovvero il lavoro di famiglia, senza abbandonare del tutto il volley. E credo di aver fatto bene…