Vangelo di Quaresima 4 – Il rosa e la rosa

4ª Domenica Quaresima 2021

Crocifisso
foto SIR

Un paio di anni fa avevo letto sul giornale di una giovane mamma che, avendo visto rincasare il suo ometto dopo una giornata all’asilo con abito rosa, di comune accordo col papà scriveva alle maestre: “Vi ringrazio per i pantaloni rosa e le mutandine che avete imprestato al bambino, dopo aver esaurito la scorta. Però le norme sociali non le abbiamo fatte noi. Lo preferivamo pisciato, che sappiamo che tanto asciuga, piuttosto che vestito da femmina e con le idee sull’identità di genere in conflitto”. Prendendo sul serio questa missiva, una serie di domande affiorano nella nostra mente: cosa ne sarà del futuro di quel bambino dopo il trauma subìto in così tenera età? L’itinerario di presa di coscienza della sua identità di genere, in quale misura è stato compromesso dalla scelta inconsulta ed esecrabile delle maestre? Se proprio quella sera poi, il bimbetto davanti alla televisione, avesse visto un uomo indossare una maglia rosa al termine di una corsa in bicicletta, si sarebbe ulteriormente confuso?

Come se questi interrogativi angoscianti non bastassero, si aggiunge un altro elemento raccapricciante: se quei genitori aprissero l’armadio della sacrestia di una Cattedrale - in teoria anche quello di ogni parrocchia, ma non tutte ne sono provviste - vedrebbero, loro malgrado, abiti rosa che aspettano di essere indossati da maschi. In due domeniche all’anno, infatti, diaconi, presbiteri, vescovi e addirittura il Papa, vestono questo colore durante la celebrazione della messa, e una di queste sarà tra qualche giorno.Non si tratta di una bizzarria ma di un segno che la liturgia recupera dalla cerimonia della “benedizione della rosa” risalente alla Roma papale del X secolo: come il fiore annuncia la primavera, questa domenica ci sta avvicinando alla Pasqua, primavera per eccellenza, dove a fiorire sarà la vita del Risorto da un terreno freddo, arido e grigio che si chiama morte. È Gesù a parlarne nella pagina di Vangelo domenicale, affermando però una sorta di “bisogno del Crocifisso” da tener ben distinto dal “bisogno della croce”. Sì, perché nel Crocifisso è mostrato, una volta per tutte, che di Dio potremo fidarci sempre, perfino quando l’ingiustizia e il male bucheranno come chiodi le nostre mani e i nostri piedi. Istituendo un paragone con Mosè che innalzò un serpente nel deserto, Gesù ci invita a credere, cioè non solo a guardare ma proprio ad aggrapparci nei momenti sereni e in quelli più bui al Crocifisso - non alle croci! - il solo antidoto al veleno del sospetto che un altro serpente ha inoculato in ciascuno di noi, tentati di cedere al dubbio circa l’effettiva presenza e l’univoca bontà del Creatore, specialmente a fronte delle variegate, brutali e oscene aggressioni del male - figure della croce -.Quando saremo assaliti da queste esperienze, non vivremo di certo momenti rosei, anzi, decisamente oscuri. Ciononostante, Dio non verrà a meno alle sue promesse. Non lo ha fatto nella storia di Gesù, e non lo farà nella nostra: dal buio alla luce, dal viola al rosa, per donne e uomini indistintamente.

Paolo Tassinari