I giovani raccontano Borgo San Dalmazzo ricordando Bianco

Giovedì scorso la premiazione del concorso intitolato al giornalista originario di Borgo che ha iniziato la sua carriera sulle colonne de la Fedeltà

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La grande curiosità, la capacità di raccontare le storie di luoghi e persone, di far entrare le persone dentro a quel mondo che lui descriveva trovando sempre le parole giuste. Come giornalista della carta stampata prima e come cronista in tv, o presentatore, e come scrittore. Gianfranco Bianco era tutto questo e molto di più e il Premio giornalistico che porta il suo nome oltre a fare memoria di un grande professionista dell’informazione  vuole anche essere un modo per trasmettere quell’amore per l’informazione, l’approfondimento e la cultura anche tra le nuove generazioni.
Giovedì scorso nella biblioteca di Borgo San Dalmazzo, suo paese di origine si è tenuta la cerimonia di premiazione del concorso che ha visto la presentazione di 69 elaborati. Il tema? “Raccontare un luogo del cuore di Borgo San Dalmazzo”. A partecipare le ragazze e i ragazzi di seconda media dell’istituto comprensivo “Sebastiano Grandis”. Ecco la traccia: “Sulle orme del noto giornalista Gianfranco Bianco, amante dei luoghi storici e culturali della sua città, anch’io mi soffermo a descrivere un angolo della città di Borgo San Dalmazzo a cui sono legato e che suscita in me particolari emozioni”.
L’appuntamento di giovedì si è tenuto in forma ristretta alla presenza delle sole autorità cittadine, dei familiari di Gianfranco Bianco, della giuria, della dirigente scolastica, dei docenti e dei premiati, ma è stato trasmesso in diretta Youtube.
Hanno partecipato il sindaco Gian Paolo Beretta, la vice sindaca Roberta Robbione, le nipoti di Bianco Ivana e Loredana Lovera, la presidente dell’associazione Nomen Cultura Monica Dogliani, la dirigente dell’Istituto Luciana Ortu e gli insegnanti.
Sei i componimenti premiati con buoni libro: i tre migliori a giudizio della giuria e tre menzioni (migliori elaborati delle sezioni che non sono salite sul podio).

Ecco le prime tre opere vincenti e le Menzioni della giuria

Primo premio a Lisa Giordano (classe 2ª C)

L’Istituto Grafico Bertello per me è un luogo speciale. Questa enorme fabbrica si trova a poche decine di metri da casa mia, posso dire di essere cresciuta nella sua ombra.
Quando ero più piccola, sbirciavo sempre attraverso le sue enormi finestre a specchio e mia mamma mi doveva richiamare perché mi fermavo a osservare per minuti e minuti e non andavo avanti. Ora, che sono cresciuta, passo a fianco alla Bertello ogni volta che vado a correre con i miei genitori e le mie sorelle: però non mi fermo più a osservarla, ma mi piace guardare sui vetri il riflesso della mia famiglia tutta disposta in fila indiana. Non ci sono legata solo perché si trova vicino a casa mia, ma perché è come se la mia famiglia venisse da lì, ora lo dirò più chiaramente.
Tutto nacque con una piccola stampatrice acquistata da Enrico Bertello nel 1911: all’inizio vi lavoravano quattro operai ed era una piccola attività, con gli anni però crebbe sempre di più e molti borgarini furono assunti come operai, nella sezione Grafica Bertello, infatti negli anni Settanta c’erano circa 200 operai. Tra quei dipendenti c’erano anche mio nonno e mia nonna, che lì si sono conosciuti e innamorati!
Mia nonna abitava in quella che adesso è la mia casa. Lei mi racconta che si svegliava sempre alle otto meno venti con il suono della prima sirena della Bertello e per le otto, quando la seconda sirena suonava per avviare l’inizio del lavoro, era pronta in fabbrica. Nonna lavorava in ufficio, mentre mio nonno in reparto. Quando un cliente telefonava per parlare con qualcuno, suonava una campanella nel reparto e, a seconda del tipo di suono, l’interessato sapeva di essere chiamato. Succedeva anche che, alcune volte, la persona interessata si trovasse in un altro reparto e non sentiva subito la campanella, quindi lei correva ad avvertirla ed è per questo che la chiamavano “Piè veloce”. Mi ha anche mostrato delle foto in bianco e nero scattate all’interno della fabbrica e a me sembra di vederla con le sue ballerine e il grembiule nero correre in mezzo ai macchinari alla ricerca della persona chiamata.
Sia mia nonna che mio nonno hanno iniziato a lavorare alla Bertello all’età di quindici anni: mio nonno ha continuato a lavorare fino alla pensione, mentre mia nonna fino alla nascita di mio papà. Ecco perché per me la Bertello è un luogo speciale: le radici della mia famiglia partono proprio da lì.

Secondo premio a Letizia Marsengo (classe 2ª B)

Cara Borgo San Dalmazzo, di te io conosco poco, più che altro sei amica di mio padre, il quale prova per te amore e tristezza. Un angolo di te mi ha segnata particolarmente, una via strana per alcuni e paurosa per altri, però, nel suo piccolo, mi fa sentire come nel paese delle meraviglie. Quando attraverso il vicolo Lerotto, faccio un tuffo nei ricordi; a causa dei mattoni rossi e marroni mi sembra di essere in una città storica. Ricordo quando stringevo la mano calda di mia nonna che dall’altra mano si appoggiava a un bastone per non cadere. Anche lei sembrava amare questo passaggio stretto e corto, pareva che i suoi riccioli d’oro brillassero di più non appena ci metteva piede. Il suono dei passi e del canale simulano il dolce ticchettio della pioggia. Le gocce puliscono il mese d’aprile un mese scherzoso e divertente ma all’arrivo di maggio inizia l’agonia degli scrutini. La pioggia immaginaria ti sciacqua via ogni brutto pensiero e ti lascia in uno stato di tranquillità estrema. Per oltrepassare il canale c’è un ponticello rosso che ti lascia solo intravedere cosa c’è dopo il tunnel dove passa l’acqua. Il buio ti lascia curioso. Da piccola mi piaceva saltare e ballare su questo ponticello, andavo a ritmo basandomi sui battiti del mio cuore. Oltre a questo ci sono degli edifici moderni o in fase di costruzione e verso la fine, una casa che mi colpisce in particolare. Questa casa, fin da quando ero piccolina, mi pareva magica a causa di statuine a forma di folletto e animali fantastici. Per 5 o 10 minuti, rimango a fissarli, mi immagino delle storie nella mia testa, mi pongo delle domande e mi vengono dubbi su eventuali leggende. Il cuore batte velocemente, passo dopo passo, mattone dopo mattone i piedi si spostano e gli occhi ruotano verso l’ultima tappa. Il tratto finisce con un muretto di mattoni uguali a quelli del sentiero. Il mio pezzo preferito è il ponticello, dove starei seduta a leggere un libro per ore, purtroppo però non è possibile perché è un passaggio. Tutto quello che mi trasmette Vicolo Lerotto ho provato a descriverlo in parole. Grazie Borgo San Dalmazzo che conservi questo tesoro.

Terzo premio a Melissa Piacenza (classe 2ª B)

Un angolo della mia città, Borgo San Dalmazzo, a cui sono molto legata è la Bertello.
La Bertello era un’azienda, nata nel 1911.
All’inizio era una tipografia, ma in seguito si specializzò nel settore dell’archiviazione industriale. Durante le guerre passò da impresa locale a impresa di livello nazionale.
La nostra Bertello è un imponente edificio bianco con finestre azzurre e un’alta torre. Essa è situata tra via Vittorio Veneto e via Boves. Attualmente viene utilizzata dal mio comune come sede di numerosi eventi, come la “Fiera fredda” e “Un Borgo di cioccolato”, e di numerose altre attività: vi è una biblioteca, un auditorium, una palestra di arrampicata, un edificio turistico,…
Sono da sempre stata legata alla Bertello, che è diventata la casa di moltissimi miei ricordi.
Quando vi entro, essi mi travolgono: mi torna in mente quando mi ci recavo per festeggiare il compleanno di qualche amico; mi ricordo tutti i pomeriggi passati nella palestra di arrampicata benché non fossi bravissima. Mi torna in mente l’ansia prima dei concerti nell’Auditorium, dove cantavamo le canzoni studiate durante l’anno scolastico, e il caos durante la “Fiera fredda”.
Ma la parte che preferisco in assoluto è la biblioteca civica “Anna Frank” che ha sede alla Bertello già dal 2006. Mi ci reco ancora oggi ogni due settimane per prendere in prestito libri di ogni genere.
La lettura è, da sempre, stata la mia passione, il mio rifugio sicuro: ho passato così tanto tempo tra mondi fantastici e spaventosi intrighi!
Per arrivare alla biblioteca bisogna attraversare un lungo corridoio dove sono esposte le foto della Bertello nei suoi anni migliori e macchinari che venivano utilizzati. Quando vedo questi “reperti” immagino come sarebbe svegliarsi e sapere di lavorare in un’azienda così importante per l’Italia. Penso a come dovrebbe essere entrare dall’immenso ingresso sul davanti dell’edificio e sentire, come prima cosa, il gran frastuono prodotto dai macchinari e l’odore della carta stampata. Immagino come sarebbe dirigersi verso la torre per testare nuovi macchinari passando in mezzo ad un via vai di persone, come sarebbe passare le dita sulla carta e sentirne la consistenza.
Immagino come sarebbe, ormai vecchia, raccontare ai miei nipotini la gloria della Bertello.
E questo mi mette piuttosto in soggezione, pensare che un edificio con così tanta storia porti con sé un pezzetto anche della mia.

Menzione della giuria “Miglior elaborato classe 2ªA” (cod. A2)
Alunni: Margherita Ghibaudo, Lisa Bernardi, Lisa Chiaramello

Questo racconto parla di Anna, una ragazza orfana che va a vivere dai suoi nonni a Borgo San Dalmazzo, dove scopre alcuni luoghi che fanno emergere le sue passioni per la lettura e per le passeggiate al tramonto. Anna rappresenta una figura immaginaria che unisce tutte noi e che è riuscita a conquistare il nostro cuore.
Era una notte d’aprile quando il cielo, apparentemente benevolo, li tradì. La macchina della famiglia percorreva la strada sterrata beatamente ignara del fatto che era l’ultima volta nella quale i Giraudo sarebbero stati insieme; scoccata la mezzanotte, un fragoroso boato, seguito da una scarica di saette luminose, squarciò il cielo stellato e una pioggia incessante e fitta si abbatté sulla collina e sul veicolo, così vulnerabile in confronto a quella tempesta improvvisa. L’unica cosa che Anna Giraudo, ancora in fasce, si ricordava era uno schianto improvviso attutito dall’abbraccio protettivo di sua madre; l’ultima cosa che vide, prima di svenire, furono i suoi genitori chiudere gli occhi e cadere in un lungo sonno.
I suoi nonni paterni, ai quali era stata affidata dopo l’incidente, le avevano raccontato che nessuno poteva risvegliarsi da quell’eterno sonno.
Non che ad Anna non piacesse stare con i suoi nonni a Borgo San Dalmazzo, ma sapeva di essere diversa dalle altre ragazze, le quali avevano ancora entrambi i genitori e non tremavano ad ogni temporale al ricordo di eventi spiacevoli.
Dopo pranzo ad Anna piaceva molto andare nella “Biblioteca Anna Frank”, la quale aveva il suo stesso nome; questa cosa alla ragazza piaceva molto perché la considerava un segno del destino.
Incontrava sempre la bibliotecaria Lisa a cui era molto affezionata perché sapeva sempre consigliarle il libro perfetto.
Appena metteva piede nella biblioteca, si sentiva avvolta dalla magia dei libri e dal silenzio, si tranquillizzava, si calmava e lo stress volava via come una piuma spinta dal vento.
I libri erano i suoi migliori amici, i quali la sapevano consolare, la facevano ridere o piangere e la trasportavano in un altro mondo facendole vivere delle magnifiche avventure.
Sua nonna l’accompagnava sempre in quel luogo magnifico e, seduta su una calda poltrona rossa, le leggeva dei racconti incantandola con la sua dolce voce; per questo ogni volta che si sedeva su quella poltrona, riusciva ancora a sentire il profumo di fiori della nonna.
Quel giorno Lisa le consigliò un nuovo romanzo d’avventura dalla copertina color lillà, il suo colore preferito, così senza alcun indugio Anna decise di leggerlo, anche se sapeva che un libro non si giudica mai dalla copertina.
Dopo aver letto un po’ sulla poltrona il nuovo romanzo, lo infilò nella borsa, dove aveva messo anche la merenda e il suo segnalibro preferito che conservava come portafortuna; appena uscì dall’edificio un caldo raggio di sole le illuminò il viso, come se fosse un incantesimo venuto dal cielo che le annunciava l’inizio dell’estate. Messa la borsa a tracolla, si incamminò verso la collina di Monserrato, per godersi in tempo il tramonto.
Amava passeggiare lungo i sentieri nodosi di quella collina perché, dopo una faticosa giornata in città, era un sollievo poter finalmente godersi il silenzio in tranquillità.
Anna si sedette vicino ad un ciliegio in fiore, iniziò a leggere sotto l’ultimo angolo di luce rimasto e si immerse nel libro.

Menzione della giuria “Miglior elaborato classe 2ªD (cod. D10)
Alunna: Nicole Landra

Il luogo di Borgo San Dalmazzo che prediligo è il fiume Stura. Le sue rive sono un ottimo posto in cui trascorrere dei bei pomeriggi. Si trova all’interno di un alveo abbastanza ampio. È circondato da molti alberi che in primavera sono una meraviglia. La portata del fiume non è sempre costante, infatti in estate o quando piove è maggiore. Si trova al confine tra Borgo San Dalmazzo e Cuneo. È un posto immerso nella natura e per questo trasmette molta tranquillità. È a me molto caro anche per la sua vicinanza da casa mia. È un luogo non molto frequentato, ma comunque consigliabile per una bella passeggiata o un bagno d’estate. Quando mi ci reco mi siedo sulle rocce e mi rilasso. Quasi ogni volta sento il cinguettio degli uccellini e il rumore delle foglie mosse dal vento. Ogni tanto si sente la voce di qualche persona o l’abbaiare di un cane di passaggio. Se si è fortunati, si possono vedere uno o più caprioli che corrono nei dintorni. Quando sono qui sono sempre felice, tranquilla e rilassata grazie al vento leggero e al rumore dell’acqua che scorre. Per raggiungere questo luogo bisogna percorrere una strada leggermente in discesa e sterrata. Adoro percorrere quella strada, perché richiama alla mia mente moltissimi ricordi. Ricordo bene la prima volta in cui andai al fiume. Era una bellissima giornata primaverile. L’aria era fresca, il cielo era limpido e i campi vicino al fiume erano tutti fioriti. Stavo portando le mucche al pascolo. Ero davanti alla mandria con mio nonno. Ero davvero emozionata, perché era la mia prima volta. Dopo un po’ di cammino arrivammo al termine della stradina e ci fermammo. Facemmo entrare le mucche dentro al “recinto” per farle mangiare l’erba. Ero felicissima. Avevo una gran voglia di divertirmi. Mi sedetti sopra una pietra, per riposarmi un po’. Ma subito, sentii un rumore forte, ma piacevole. Stupita ed incuriosita chiesi a mio nonno cosa fosse. Lui facendo un sorriso, mi disse: “Senti bene, ascolta. È il rumore dell’acqua”. Io ancora più incuriosita lo implorai di mostrarmi quest’acqua. Senza pensarci su, annuì e mi ci portò. Non credevo ai miei occhi, non avevo mai visto così tanta acqua! Mi sedetti sulla sabbia e continuai ad ammirare i riflessi del sole con attenzione. Ero emozionata. Con un po’ di curiosità mi avvicinai e toccai l’acqua. Era fresca come l’aria alla mattina. Non avrei più voluto allontanarmi. Purtroppo dopo un po’ arrivarono mio padre e mio fratello e dovetti andare via. Quella notte penso di aver sognato ciò che mi era accaduto. La mia famiglia ed io siamo legati al fiume, perché ogni anno ci rechiamo lì. Io cerco di andarci quasi tutte le settimane.
La scorsa domenica la mia famiglia ed io abbiamo deciso di fare una bella passeggiata, andare a vedere il fiume e i dintorni. Quella giornata purtroppo non era proprio bella, il cielo era nuvoloso e minacciava pioggia. Inizialmente eravamo indecisi, ma infine decidemmo di andare ugualmente. Mentre scendemmo la strada per raggiungere il fiume trovammo due ragazzi in bici, si schivarono e ci lasciarono passare. Una volta al fiume allungai l’occhio e vidi la bellezza dell’acqua limpida e pura del fiume. Mi incantai. Proseguimmo il percorso e andammo sulla riva del fiume opposta. C’erano degli enormi sassi che sbucavano dall’acqua. Erano come degli “isolotti”. La mia cagnolina, che avevo portato con me corse velocissima e saltò sul primo sasso. Spero di tornarci presto. È un posto in cui porterei chiunque! lo adoro. Non lo dimenticherò mai.

Menzione della giuria “Miglior elaborato classe 2ªE (cod. E3)
Alunni: Evelyn Di Salvo, Aja El Bahraoui, Matteo Messa, Matteo Petrisor

Le rive del fiume Gesso, le sue sponde e le sue piccole spiagge, nei tratti tra Borgo San Dalmazzo e Fontanelle rappresentano per noi un vero luogo del cuore. Prima di raccontare il nostro angolo preferito, vogliamo però dare anche alcune informazioni di carattere geografico su questo magnifico fiume che attraversa la nostra città.
Il torrente Gesso è situato in Piemonte e nasce dalle numerose sorgenti della Valle Gesso e ha una lunghezza pari a 42 km ed è l’affluente più importante dello Stura nel quale sfocia quando arriva nel comune di Cuneo. Questo corso d’acqua, oggi così bello e suggestivo, ha causato in passato molti disastri: il suo letto è straripato, distruggendo spesso gli argini. I nostri genitori ci raccontano spesso quando ha distrutto il pontile situato tra i confini del comune di Cuneo e la frazione di Mellana (situata nel comune di Boves), provocando delle numerose vittime, come nel 1996 quando una donna morì travolta dalle sue acque irrequiete. Ma nonostante questi dolorosi avvenimenti, a cui, per motivi anagrafici non abbiamo assistito, ma ci sono solo stati raccontati, rappresenta per tutto il nostro piccolo gruppo di amici un luogo importante.
È il nostro luogo del cuore per diverse ragioni: per qualcuno di noi rappresenta affetti familiari perché lungo le sue rive faceva lunghe passeggiate con i propri nonni. Infatti Evelyn ci confida: “ Per me questo torrente non ha un significato diretto, ma riporta la mia mente all’infanzia che ho trascorso a Fontanelle, paese collegato con Borgo San Dalmazzo, infatti lungo le rive del Gesso ho passato molto tempo in compagnia dei miei cari nonni che mi hanno vista crescere e a cui io voglio molto bene; ricordo le passeggiate in estate con la cagnetta Mila e mio nonno Filippo. Con noi alcune volte si univa anche mio cugino. Purtroppo a causa della pandemia le nostre giornate sono totalmente cambiate e per paura di infettare i nonni anziani li vedo di rado e fuori dalla finestra”.
Per altri è un posto per pensare a momenti passati in allegria con vecchi amici, che purtroppo ora si sono allontanati perché si sono trasferiti lontani. Sicuramente un motivo che ci accomunano tutti contemporaneamente sono le uscite e le passeggiate scolastiche, organizzate dagli insegnanti di scienze ed educazione motoria. Durante queste uscite, a volte anche in bicicletta, si percorre il fiume in tutta la sua bellezza: si possono ammirare piante e fiori di vario genere, ma soprattutto ci si ferma ad osservare la potenza dell’acqua, che, a volte, incute quasi timore. È bellissimo sentirsi liberi, respirare all’aria aperta e poter ammirare dal vivo ciò che si studia a scuola: conoscenza che diventa competenza (questa non è farina del nostro sacco, è una frase che spesso sentiamo ripetere dai prof).
Inoltre trascorrere il nostro tempo qui ci carica di energia e di positività, quella positività che in questo periodo è andata scemando ogni giorno di più. Questo maledetto Covid ha cambiato tutto: il nostro tempo libero, i nostri incontri, le nostre chiacchierate ecc. Certo nella zona gialla abbiamo con cautela ricominciato a passeggiare lungo le rive del nostro amico fiume, ma non più come prima: in solitudine e con la mascherina, lontani e non più vicini. Per concludere abbiamo deciso di scrivere alcuni versi con l’augurio che tutto possa tornare alla normalità:
“Dal monte veloce scende, con le scheggiate sponde;
ci riporta ai ricordi cari
prima di perdersi nei mari,
vogliamo una rima che ci faccia tornare al prima
questo è un pensiero molto sincero.
Vorremmo tornare bambini
quando eravamo piccini
e nei nostri pensieri eravamo immersi e di felicità sommersi”

La giuria tecnica, presieduta dalla giornalista Cristina Mazzariello (TargatoCn), era composta da Piergiorgio Berrone (La Guida), Renata Bertolotti (ex-docente dell’Istituto Grandis), Andrea Dalmasso (Cuneo Dice), Walter Lamberti (La Fedeltà), Micol Maccario (Consulta Giovani Borgo) e Teresita Soracco (La Bisalta).

Il servizio su La Fedeltà di mercoledì 9 giugno 2021