Suor Gian Paola, dalla parte delle donne

Mina Suor Gian Paola

A dieci anni sognava d’essere «un'agente di qualche grande magazzino per viaggare», a dodici desiderava un cavallino «per galoppare e andare lontano» e intanto «tenevo testa ai compagni nel gioco dei birilli e, nei giardini pubblici, competevo a chi saliva più in alto per dondolarsi sui rami». Questa bambina, ora che si è fatta grande, si è preparata proprio per andare lontano, ma alla sequela di Cristo. Suor Gian Paola Mina a fine 1949 lascia l'Italia con destinazione Kenya: «Quando la nave levò le ancore e si andò distaccando dalla sponda, mi sentii mancare. Strinsi forte il mio crocifisso di missionaria e dissi a Lui “Mi fido di Te”». Arriva a Imenti, la missione centrale del Meru, proprio alla vigilia di Natale e durante la messa di mezzanotte avverte, come sensazione quasi palpabile, di esser arrivata dove il Signore la stava attendendo: «Dissi a Gesù il mio contento. Avrei annunciato le misericordie di Dio, e una maternità nello Spirito mi avrebbe saziato appieno». Non sa che invece il Kenya sta per entrare nella fase forse più tormentata della sua storia, la quasi decennale rivolta dei Mau-Mau. Il posto della nostra suora, che ha cominciato appena ad aprirsi nuovi sentieri nella savana e nella brughiera circostanti, è restare accanto alle donne i cui mariti sono rifugiati nella foresta per sfuggire alla persecuzione. Gioiosa è la sorpresa di notare che le donne keniote «si mostrano aperte al valore intrinseco del loro essere di madri, di donne e di spose cristiane»: è la strada che il buon Dio le sta spianando davanti perché possa aiutarle «a prendere coscienza di quel che erano, non schiave o portapesi senza parola, ma figlie di Dio». Nascono così i primi gruppi femminili di Azione cattolica, insieme al centro per la formazione delle prime “Assistenti sociali cattoliche”, delle insegnanti di scuola materna e delle segretarie d'azienda. Riesce anche a promuovere la creazione del “Consiglio nazionale delle donne cattoliche” e della “Unione sociale femminile”.

Dopo 20 anni di appassionata vita missionaria, praticamente tutti spesi per la promozione della donna, i Superiori decidono di mettere a frutto le sue capacità di gran comunicatrice e la richiamano in patria per destinarla all’animazione missionaria vocazionale. Al momento della messa in moto dei motori, quando percepisce che l’aereo si sta staccando dalla terra africana, «mi sembrò che qualcosa si schiantasse dentro di me. Soffrii molto di più di quando, vent’anni prima, la nave aveva levato le ancore, staccandomi dall’Italia. E …piansi». Si trasferisce in Casamadre, a Grugliasco, a dirigere la rivista bimestrale dell’Istituto che con lei si trasforma da “Eco” in “Andare alle Genti”. Intrattiene rapporti con personalità ecclesiali di spicco, come monsignor Franco Peradotto, don Elder Camara, Ernesto Olivero, mentre riprendono i contatti con il don Michele Pellegrino che ha accompagnato gli inizi del suo cammino vocazionale e che adesso è il pastore della Chiesa torinese. Sono anche gli anni in cui la vocazione di scrittrice viene ad innestarsi nella sua già prolifica vocazione di missionaria della comunicazione.

Se instancabile è la sua collaborazione con giornali e riviste, spesso riprendendo il tema a lei caro della promozione della donna anche e soprattutto in chiave missionaria, tuttavia la sua penna si diletta in particolare a tratteggiare in undici libri, con il suo inconfondibile stile fresco ed accattivante, i profili di alcune consorelle. Eccezioni di “genere” sono “Un silenzioso che ha qualcosa da dire” (del 1986, dedicata al Fondatore in vista della beatificazione) e “La beatitudine di essere secondo” (scritta a quattro mani con il fratello padre Giuseppe, sulla figura del cofondatore Giacomo Camisassa). Risale invece ancora ai suoi anni “africani” la prima biografia di suor Irene Stefani, “Gli scarponi della gloria” e dal 1983 inizia a raccogliere la documentazione per l'inizio della causa per portarla sugli altari, che giungerà a compimento nel 2015 con la solenne beatificazione dell’umile suora di inizio Novecento, avvenuta a Nyeri, in Kenya, la prima in assoluto celebrata nel continente africano. Una memorabile celebrazione che suor Gian Paola si gode, sicuramente da una posizione privilegiata, dal paradiso dei missionari, fianco a fianco, vien da dire, con la diretta interessata. Infatti, con gli Anni Novanta, è iniziato per Gian Paola un declino lento e inesorabile, e già nel 1992 stenta a portare a termine il suo ultimo libro, “Al lume di una lanterna”. Periodi sempre più brevi di apparente normalità si alternano a quelli, sempre più preoccupanti e lunghi, di un incalzante oblio, che tutto annebbia, tranne il suo crocifisso da missionaria e, proprio nel tentativo di baciarlo per l’ultima volta, muore il 10 settembre 2000 a Venaria, assistita dal fratello sacerdote.

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