Cinema in corpo 8

Il capo perfetto

IL CAPO PERFETTO
di Fernando León de Aranoa; con Javier Bardem, Manolo Solo, Almudena Amor, Óscar de la Fuente, Sonia Almarcha. 
Julio è il proprietario della “Blanco Básculas” un’azienda produttrice di bilance industriali. Il motto della fabbrica è “Esfuerzo, equilibrio, fidelidad”, impegno, equilibrio e fedeltà, una massima che, tralasciando l’inquietante eco franchista, dovrebbe riassumere lo spirito dell’impresa ma che invece, come lo spettatore potrà toccare con mano, cela al contrario tutte le contraddizioni di chi la fabbrica la guida e anche di chi ci lavora. L’impegno richiesto è quello dei lavoratori; l’equilibrio, che dovrebbe essere la caratteristica principale delle bilance, viene in realtà programmaticamente falsato e la fedeltà, beh, quella è davvero una burla. Blanco di nome ma non di fatto, il proprietario dell’azienda è, all’apparenza, un padrone/padre premuroso e buono che vede la fabbrica come una famiglia e i dipendenti come figli; peccato però che le cose siano piuttosto diverse da come appaiono e nessuno sia davvero così come si presenta, dal proprietario all’ultima stagista nessuno è la persona che dice di essere e la visita di una commissione ministeriale incaricata di assegnare un premio all’azienda per la qualità e l’eccellenza diventerà l’occasione in grado di far emergere tutte le contraddizioni. 
Dark comedy spiritosa e tagliente (a qualcuno potrebbe far venire in mente le commedie di Pietro Germi) con un “senor Blanco” strepitosamente interpretato da un grande Javier Bardem, il film di Fernando León de Aranoa (candidato spagnolo all’Oscar come Miglior film straniero) ci regala un graffiante ritratto della borghesia spagnola di oggi facendoci ridere (amaro) dei vizi privati e delle pubbliche virtù di una provincia che (purtroppo) tanto ricorda il conformismo conservatore della Spagna di Francisco Franco. Da non perdere. 

Aline la voce dell amore
ALINE - LA VOCE DELL’AMORE
di Valérie Lemercier; con Valérie Lemercier, Sylvain Marcel, Danielle Fichaud, Roc LaFortune, Antoine Vézina. 
Aline è la quattordicesima (sì, quattordicesima!) figlia di Sylvette e Anglomard Dieu, coppia decisamente prolifica che ama i figli e la musica. Sin da bambina Aline dimostra di possedere una voce stupenda con la quale ammalia parenti ed amici durante le innumerevoli feste e cerimonie che la grande famiglia Dieu si trova a celebrare. Un bel giorno poi, uno dei (tanti) fratelli di Aline decide di inviare un nastro della sorella al produttore musicale Guy-Claude Kamar che rimane letteralmente folgorato dalla voce della ragazza. Da quel momento in poi la vita di Aline prenderà una nuova strada. 
Diretto e interpretato da Valérie Lemercier, il film (presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2021) è una gradevole commedia romantica che ripercorre tutte le tappe dall’adolescenza sino al successo mondiale di Celine Dion (sono oltre 200 i milioni di dischi venduti in carriera dalla cantante canadese) e trova i suoi punti di forza oltre che (com’è ovvio) nell’infinita teoria di brani musicali che punteggiano la trama della pellicola, nella coraggiosa ridefinizione del genere “biopic”. Già, perché il film compie un’interessante giravolta mettendo in scena una vicenda apparentemente finta ma intenzionalmente vera. La storia come abbiamo detto è evidentemente quella di Celine Dion, i brani sono quelli originali e tutto quanto è stato ovviamente autorizzato da chi gestisce i diritti della cantante, ma i nomi sono di finzione; così Celine diventa Aline, Dion diventa Dieu e tutti fingono che si racconti di una mentre in realtà si parla dell’altra, i piani narrativi si intrecciano e lo spettatore è costantemente tenuto in bilico tra verità e finzione, tra  biografia della cantante e licenza poetica della regista, in una sorta di vedo/non vedo che ha dell’intrigante.