Materie prime alle stelle: a rischio gli allevamenti della Piemontese

vitelle piemontesi

La Fiera del Vitello Grasso quest'anno purtroppo coincide con un momento molto difficile per gli allevatori a causa dell’incontrollato aumento dei prezzi delle materie prime dovuto alla guerra in Ucraina, cui si aggiungono le gravi difficoltà causate all’agricoltura dalla persistente siccità, parzialmente ridotte dalle recenti precipitazioni. “Un mese di guerra in Ucraina ha fatto impazzire i prezzi delle materie prime, dal petrolio, che è aumentato del 25%, al prezzo del grano, che è balzato del 53%. la soia che si è impennata del 30% e il mais dell’11%  -. È quanto emerge dalle analisi di Coldiretti che aggiunge -: “Un’emergenza destinata a durare poiché l’Ucraina riuscirà a seminare meno della metà della superficie a cereali previsti prima dell’invasione russa. Un blocco che riguarda anche l’esportazione di fertilizzanti dall’Ucraina che lo scorso anno ne ha esportati 107.000 tonnellate in Italia”.
Roberto Moncalvo, delegato Confederale di Coldiretti Cuneo, spiega tuttavia che la decisione dell’Unione europea di rimettere a coltura i terreni a set aside garantirà una produzione aggiuntiva per la Granda di circa 3.500 ettari di terreni ora a riposo.

Coalvi: “L’aumento dei prezzi minaccia gli allevamenti che producono qualità”

Il Coalvi - Consorzio di Tutela della Razza bovina Piemontese – per il quale la fiera del Vitello grasso prevede una sezione  specifica -  lancia l’allarme sui rischi che l’allevamento della Piemontese corre in questa situazione. “Questo incremento dei costi di produzione minaccia ancor più seriamente chi lavora per garantire la massima qualità – dice il vicepresidente del Coalvi Luca Grangetto. Si stavano raggiungendo timidi segnali di miglioramento nei bilanci delle nostre aziende – prosegue -; ora la situazione è improvvisamente precipitata. I nostri allevatori stanno facendo tutto il possibile per mantenere alto il livello qualitativo che merita la Razza Bovina Piemontese, ma se non ci saranno dei cambiamenti, molte aziende saranno destinate a chiudere, e a rimetterci sarà la qualità collettiva”. “Come Coalvi - conclude Grangetto - non chiediamo assistenzialismo né promesse, ma sottolineiamo l’urgenza di azioni concrete, interventi strutturali che permettano agli allevatori di fare i necessari investimenti per continuare a crescere e a garantire un prodotto d’eccellenza che va tutelato”.

La Granda: “Rischiano di scomparire le aziende che assicurano l’eccellenza”

Grande preoccupazione anche tra gli allevatori de La Granda, che da anni presenta capi di grande valore alla Fiera di Fossano, in particolare nella sezione ‘castrati’. “La situazione di mercato attuale è davvero drammatica – ci spiega Mauro Olivero, presidente del Gruppo di allevatori del Consorzio fondato dal veterinario Sergio Capaldo -; a questa si è aggiunto il problema del clima -  sono oltre tre mesi che non piove – il che ci fa capire quanto il quadro sia complicato. Quello che sta succedendo dimostra che la programmazione agricola europea va completamente rivista. Il set aside è stato un errore: ci ha impedito di assicurare al nostro Paese le materie prime indispensabili alla nostra zootecnia. Adesso si è deciso di mettere a coltura i terreni che prima dovevano stare a riposo, ma molte aziende saranno costrette a chiudere: con l’aumento dell’inflazione e gli stipendi fermi, c’è una contrazione dei consumi e a farne le spese è per prima la carne.
Le uniche armi che io conosco sono quelle della qualità; sono le armi che hanno permesso a La Granda di superare questi due anni tremendi di pandemia. Far parte di questa filiera ci ha tutelati: abbiamo mantenuto il prezzo. Certo, i consumi sono calati; non poteva che essere così. Purtroppo, ora che si cominciava a intravvedere un po’ di luce, ci è arrivata questa nuova batosta. Ci sono molte aziende famigliari a rischio: non possono fisiologicamente reggere questa situazione. La qualità in Italia si basa per lo più su questo tipo di aziende. La politica deve capirlo. L’eccellenza, quella cha rende famoso il Made in Italy, proviene da questo tipo di aziende. E sono queste aziende, la spina dorsale di questo settore, che stanno rischiando di scomparire”.

Compral carne: “Ora l’imperativo è Resistere”

Anche Compral carne, la cooperativa di allevatori che macella, seziona e, commercializza il prodotto dei soci ( molti dei quali presentano in Fiera i loro vitelloni) registra un notevole appesantimento del mercato.
“È un momento di sofferenza per le aziende – ammette il direttore di Compral carne Meo Bovetti -. Noi cerchiamo di riconoscere ai soci quanto più possibile ma per quanto aggiorniamo i listini di settimana in settimana i costi delle materie prima variano con maggior celerità e quindi i prezzi non coprono completamente i costi di produzione. Il fatto è che aumentando i prezzi di listino si riduce il consumo di carne, perché la carne è uno dei prodotti più esposti alla valutazione del cliente; è il primo prodotto che la famiglia limita o sostituisce del tutto in tempo d crisi. Il ristagno della domanda è dovuto a queste ragioni”.
Che fare? Ora l’imperativo è resistere contenendo il più possibile le perdite. Purtroppo le aziende meno strutturate non ce la faranno.
Da questa situazione dovremmo attingere insegnamenti per il futuro – conclude Bovetti – soprattutto per quanto riguarda gli orientamenti agronomici: maggior autoapprovvigionamento e colture più compatibili con la carenza idrica che ormai è un elemento costante”.