ANNIE FÉOLDE

(Nizza–F 1945) Tre stelle Michelin

Annie è figlia di due albergatori francesi della Costa Azzurra."Sono praticamente cresciuta in un albergo di Nizza - ricorda -in una famiglia di impiegati in quel settore”. L’hotel è il rinomatissimo Negresco situato sulla famosa Promenade des Anglais. Un giorno però si stanca di quella vita in cui si sente un po’ trascurata per l’impegno totalizzante dei genitori, e se ne va a Parigi per fare l'impiegata alle Poste. Nella capitale francese ci vive per tre anni e non ha un buon ricordo di quel periodo: "E' una città fredda e poi il lavoro era di una noia mortale. Così ho rifatto le valige e sono partita per Londra. L'anno dopo (era il 1969) ero in Italia per imparare la lingua”. Qui scopre che la predisposizione, e in seguito anche la passione, per la cucina era dentro di lei, tanto che non esita neppure un attimo quando nel 1972 il sommelier Giorgio Pinchiorri, il suo grande amore e poi anche il compagno di professione, le chiede di aprire con lui l’Enoteca rilevando la cantina di un palazzo storico in via Ghibellina e di preparare qualche stuzzichino per accompagnare i suoi vini eccellenti. Annie, allora non sapeva cucinare. Il suo rapporto con il cibo era più da golosa e gourmet. «Non avevo fatto né corsi né scuole. Ma con voglia e passione, provavo e riprovavo. Ricordo i primi stuzzichini: una quiche lorraine, una flamiche vegetariana, la socca, una specie di nostra farinata di ceci però  cucinata alla nizzarda. Sì, i primi piatti erano francesi ma poi ho cominciato a studiare quelli della vostra tradizione italiana, toscana in particolare. Mi ha affascinato da sempre come voi cucinate la pasta». Dopo sette anni dall’apertura della prima Enoteca, quella degli stuzzichini apparecchiati con set all'inglese su tavoli di noce, la svolta: l’apertura di un vero e proprio ristorante. L'investimento arriva nel momento giusto. Si era alle porte dei mitici anni 80. Andava tutto bene, e Annie si  ricorda che qualche cliente le disse: "ottima la cucina, ancora meglio i vini". Quella frase, che non riuscì ad accettare, la pungolò non poco nell’orgoglio, tanto da portarla ad una sorta di sana competizione col marito Giorgio, quella del “non mi accontento mai”. Féolde prese così la decisione, ed in veste di osservatore fece uno stage all'hotel Negresco di Nizza, poi al San Domenico di Imola e da Josef Rostang a La bonne Auberge di Antibes. Cercava di imparare il più possibile: le ricette, sì, ma anche il modo giusto per muoversi in cucina, per organizzare il lavoro. Perché anche questo contribuisce al successo di uno chef. Ricorda, per esempio, di aver imparato a quei tempi come proteggere i piani cottura con fogli di alluminio per risparmiare la sera il tempo della pulitura. Annie è la prima donna italiana e la quarta nel mondo a conquistare la terza stella Michelin ed esattamente nel 1993. Un traguardo prestigioso e anche raro per una donna. E’ la stessa Féolde a spiegare il perché di questa disparità tra donne e uomini nell’universo stellato degli chef. «Ci vuole una gran bella forza fisica. E soprattutto perché per emergere, farsi notare, oltre al talento, serve una dedizione quasi totale al mestiere (e forse non vale solo in cucina) cosa che noi donne, tra famiglia e figli, spesso non possiamo rivolgere solo al lavoro». Annie ha l’autorevolezza di spiegare bene la differenze sostanziali tra la cucina francese e quella italiana che tocca prima  di tutto la storia poi le materie prime. La tradizione infatti è diversa nel senso che in Italia abbiamo avuto il Rinascimento con tutti i suoi sfarzi accanto al quale però è sopravvissuta anche una cucina povera. Caratteristica che  in Francia invece non esiste più. Dopo la rivoluzione francese i cuochi delle famiglie nobili si sono riversati per le strade ed hanno aperto dei ristoranti adottando una cucina per così dire aristocratica che poi è diventata "la" cucina francese. Anche i prodotti sono diversi a cominciare dai condimenti. In Francia si usa moltissimo il burro, da noi l'olio d'oliva. Per quanto riguarda gli ingredienti, la Féolde afferma che verdure in Italia sono di una bontà incredibile. E anche tanti formaggi a cominciare dal parmigiano. Le viene in mente anche un altro condimento forse adesso un po' troppo di moda: l'aceto balsamico tradizionale che considera un vero prodigio della natura e dell'uomo. L’attività nel ristorante assorbe quasi totalmente tutto il tempo tanto che nella sua cucina non si prepara nemmeno un uovo al tegamino e si porta a casa qualcosa di pronto dal ristorante. Quando invece torna in Francia a trovare i suoi parenti tutti si aspettano che lei cucini qualcuno dei suoi piatti. Allora unisce l'utile al dilettevole: “così faccio un piacere a loro e sperimento qualche nuova ricetta”. La sera va a letto sempre molto tardi tanto da non  alzarsi mai prima delle 9. Da un'occhiata alla casa dove non rimette piede fino a notte fonda e poi comincia a girare per Firenze di negozio in negozio per scovare un ingrediente o qualche accessorio per il locale. Verso mezzogiorno arriva al ristorante dove più che altro rimane in ufficio. “Ho delegato molto in cucina perché ho un'équipe davvero fantastica che funziona bene anche quando non c’è. Sono tutti ragazzi giovani ben affiatati sotto l'attenta guida del primo chef Italo Bassi e del direttore nonché sommelier Alessandro Tomberli. Io sono diventata l'assaggiatrice ufficiale”. Tra gli chef diventati famosi che hanno lavorato presso l’Enoteca Pinchiorri, c’è Carlo Cracco che la Féolde  ha incontrato in una puntata di Masterchef. Curioso e divertente il dialogo tra i due quando Annie ha rimproverato al noto cuoco italiano d’inserire, da qualche anno a questa parte, troppe parolacce nei suoi discorsi, e Cracco ha invece controbattuto che non avrebbe mai potuto farsi crescere la barba perché all’Enoteca era rigorosamente vietata. Féolde rimarca il rapporto strettissimo con il territorio sul quale opera. Per quanto è possibile l’Enoteca si  rifornisce da piccoli produttori e allevatori toscani anche se con le nuove leggi europee che privilegiano la sterilizzazione di tipo industriale è sempre più difficile per le produzioni casalinghe riuscire a sopravvivere. Dal suo punto di vista personale non è stato facile. Annie c’ha messo tanti anni a capire la Toscana perché come si vede dai palazzi è tutto nascosto e a lei risultava tutto nuovo. Ma adesso è molto contenta di abitare dove c'è ancora un focolaio di artigiani e di piccoli agricoltori e anche di allevatori, tutti ancora con la passione della roba sana e genuina. Più va in giro e più scopre delle persone che hanno ancora quel “fuoco sacro”, come lo definisce lei, che in altri paesi se lo possono scordare. A dimostrazione della sua trovata fiorentinità, quando qualcosa non va per il verso giusto in cucina, diventa “viola” .