Corea, giovani proiettati nel futuro ma la Chiesa resta sullo sfondo

Il racconto di padre Lamberto, originario di Centallo, missionario da 25 anni in quella terra

Lo abbiamo recentemente incontrato durante un suo viaggio di soggiorno tra i parenti in Italia per le vacanze di Natale. Padre Gian Paolo Lamberto, missionario della Consolata nella Corea del Sud dal 1992, è originario di Centallo, e porta sempre nel cuore la sua terra natia. Proprio in concomitanza con il prossimo, imminente, sinodo dei giovani (e prima ancora l’incontro dei giovani italiani in agosto con Papa Francesco), ci ha inviato un contributo sulla situazione giovanile sudcoreana.

Sicuramente un pezzo che fa riflettere su un paese popolato quasi come il nostro, in un territorio che raggiunge appena un terzo dell’Italia, e di cui raramente ci giungono informazioni, se non in occasione di eventi grandi ed eccezionali. Queste righe rappresentano dunque un’occasione per conoscere problematiche e speranze di un paese lontano, che pure ricalca, in parte, difficoltà e somiglianze analoghe alla nostra cultura occidentale.

Di quali giovani parlare? Chi ha oggi più di 50 anni, nella sua giovinezza ha dato tutto per il “miracolo economico” della Corea. I 40enni sono gli eroi della lotta contro la dittatura militare. I 30enni hanno avuto la vita più facile: la nazione era diventata ricca e le famiglie molto piccole. I 20enni hanno avuto la vita ancora più comoda, ma adesso fanno fatica a trovare un lavoro e spesso rimandano matrimonio e figli perché l’economia non “tira” più come prima. Chi ha meno di 20 anni è sicuramente cresciuto con un telefonino in tasca e il computer davanti al naso.

Però c’è un’esperienza che li accomuna in tutti i paesi di cultura confuciana (Cina, Giappone, Taiwan, Singapore, Hong Kong); la scuola! All’asilo i bambini possono fare quello che vogliono, nessuno li rimprovera. Ma dalla 1° elementare vengono intruppati nel sistema e da quel momento devono solo studiare, studiare e studiare per essere ai primi posti, intesi come contenitori vuoti che deve essere riempiti dal maestro! E la scuola normale non basta. Appena finita si va alle cosiddette Accademie per approfondire Inglese, Matematica, Piano, Tae Kwon Do, ecc. È normale per uno studente coreano uscire di casa alle 7 del mattino e ritornare alla sera alle 10 o alle 11.

Studiare dal mattino alla sera è solo un eufemismo: sulle pareti di molte scuole infatti c’è questa scritta: “Più di 4 e non ce la fai!”, cioè: “Se dormi più di 4 ore per notte quando prepari l’esame di entrata all’Università, non ce la farai a passarlo!” Questo esame determina tutta la tua vita, chi sarai, quanto guadagnerai, che amici avrai. Accedere ad una università di prestigio è come entrare in un club esclusivo, e, indipendentemente dai risultati e dalle materie scelte, i membri della stessa si aiutano tra loro a far carriera, ti assumono nella loro ditta. Tutta questa pressione e competitività, a cui si è aggiunto il recente fenomeno del bullismo, è spesso causa di un grande numero di suicidi tra i giovani. Però quelli che escono da queste scuole saranno poi i dirigenti della Samsung, LG, Kia, Hyundai... e diventeranno quegli imprenditori che non esitano un attimo a trapiantare la loro piccola azienda in Cina, Indonesia o America Latina se nella loro terra non è più competitiva.

Vincenzo, missionario oblato di Maria Immacolata, italiano che lavora molto nel sociale, mi parlava dell’emergenza nascosta di almeno 200.000 ragazzi scappati di casa e mi descriveva le loro passate tipologie. Un tempo c’era la generazione del “doposcuola”: ragazzi poveri che avevano bisogno di essere aiutati con lo studio per uscire dalla povertà. Poi la società si è arricchita ed è arrivata la generazione del “rifugio”: ragazzini che magari scappavano di casa per conflitti familiari in cerca di un luogo sicuro dove poter stare, ma ancora capaci di ascoltare l’autorità e di farsi aiutare. Adesso c’è la generazione del “telefonino”: perché studiare o sforzarsi di migliorare? Vivo il mio orizzonte, cioè quello che posso godere in questo momento! E non è un pensiero neanche troppo lontano da quello del giovane medio.

Amano lo sport e il baseball, che è quello più popolare, riempie gli stadi. Altrettanto popolari sono le band di teenager che cantano e ballano, le telenovelas e i film locali i cui cantanti e attori sono famosissimi anche nel resto dell’Asia. E il Karaoke (qui si chiama Norepang!) è uno dei divertimenti più frequenti in Corea. Quindi i ristorantini di pollo fritto e birra, sempre pieni di giovani universitari, paragonabili alla scelta italiana di andare in pizzeria.

In Italia tutti sono orgogliosi di sfoggiare la tintarella. Le ragazze coreane invece vogliono essere più bianche delle altre. E allora quando splende il sole tutte in giro con l’ombrellino o un cappello a larghissime tese, con creme sbiancanti e antisolari. La bellezza qui è un valore importante, quindi le vedrete sempre truccate in modo impeccabile. Dal resto dell’Asia vengono in Corea per fare shopping di cosmetici locali che sono molto rinomati. E non parliamo della chirurgia plastica: molte volte il regalo per i 18 anni o per aver passato l’esame di ammissione all’università è proprio un ritocchino al naso, al mento o agli occhi!

E in Chiesa? Purtroppo adesso i giovani sono molto rari. Forse la denatalità (che è più bassa di quella italiana), il benessere o “la notte della cultura occidentale” sono arrivate anche qui. Dal 2000 le vocazioni religiose, una volta abbondanti, sono crollate drammaticamente, e anche quelle per il sacerdozio diocesano stanno mostrando segni di crisi. I coreani però possono essere tutto e il contrario di tutto; questo popolo ha fatto stupire il mondo in più di una circostanza, e sono sicuro che ci stupiranno ancora!