“Lorenzo è l’antidoto alla nostra disumanità”

Carlo Greppi ha raccontato Perrone, il fossanese che salvò Primo Levi, in una sala Barbero gremita di spettatori

Presentazione libro Lorenzo Perrone
Foto Guido Fissolo

Sala Barbero gremita - e molti spettatori in piedi - giovedì sera al Castello per la serata di presentazione del libro di Carlo Greppi, storico e scrittore, su Lorenzo Perrone, il muratore del Borgo Vecchio che aiutò Primo Levi nel lager di Auschwitz. Non accadeva da tempo: segno dell’interesse suscitato dalla figura del “giusto” fossanese, morto nel 1952, che di sé ha lasciato pochissime tracce e che conosciamo quasi esclusivamente per la testimonianza del suo “cantore”. Tra il pubblico c’erano anche Lisa Lorenza, figlia di Primo, che nel suo nome ricorda il salvatore fossanese del padre, e Aldo Rolfi, figlio di Lidia, l’insegnante monregalese che conobbe sulla propria pelle l’inferno di Ravensbruck. C’era anche, da Bergamo, Samuele Saleri che a Perrone aveva dedicato, pochi anni fa, una tesi di laurea.

Carlo Greppi ha raccontato Perrone, l’amicizia con Primo e qualche aneddoto della sua lunga ricerca dialogando con Luisa Mellano, presidente dell’Anpi Fossano, con l’ebraista Maria Teresa Milano, con la psicologa sociale Adelina Brizio e con l’assessore alla Cultura Ivana Tolardo che ha aperto l’incontro. Ne ha descritto la (misconosciuta) eccezionalità, di eroe solitario, e nello stesso tempo ha voluto sottolineare l’universalità della sua storia. “Lorenzo - ha sintetizzato - è l’antidoto alla nostra disumanità” di ogni tempo.

Un contributo di leggerezza alla bella serata è stato fornito da Michele Tavella, classe 1940, memoria storica del Borgo Vecchio, che da ragazzino conobbe la famiglia Perrone, i “Tacca” da stranome familiare, a partire da Michele e Secondo, i fratelli del solitario e più sfuggente Lorenzo, e che ha fornito un piccolo affresco del Burguè attraverso una galleria di personaggi del tempo, dal “Pigher”, il titolare dell’osteria del quartiere (chiamato così perché non si alzava mai dalla sedia), a “Nino rasù" (il barbiere), da “Dindalan” (per la sua camminata dondolante) a “Moble” (per la sua circonferenza): un mondo fatto di gente semplice, ma ricca di spirito, dal quale non a caso è emersa la figura di Lorenzo che nel luogo più terrificante del pianeta (quello che lui chiamava “Suiss”) non ebbe esitazioni a rischiare ogni giorno la vita per fare il bene, “dritto per dritto” come ha sottolineato Greppi.

Perrone è ricordato a Fossano da una lapide in viale Alpi con le parole di Beppe Manfredi. Un’altra potrebbe trovare posto sulla sua casa in via Michelini, come confermato dall’assessore Tolardo (“è una delle idee che sto portando avanti”) in risposta a una sollecitazione in arrivo dal pubblico.

“Un uomo di poche parole” verrà stampato anche in francese e in spagnolo. “La storia di Lorenzo che salvò Primo” ha ancora tanta strada da percorrere, 80 anni dopo.

Intervista a Carlo Greppi su "la Fedeltà" di mercoledì 8 marzo